All’incontro IEO per le donne, davanti a una platea di oltre mille donne che hanno vissuto l’esperienza di un tumore del seno, l’Istituto Europeo di Oncologia lancia la sua nuova sfida: arrivare prima del cancro, intervenendo sul rischio di ammalarsi. È l’obiettivo dello IEO High Risk Center, il primo in Italia, strutturato sul modello dei migliori Cancer Center americani.
«In IEO è nata la cultura della persona, come ha ricordato il Presidente della Repubblica la scorsa settimana. Siamo stati i primi ad occuparci del dopo-malattia – dichiara Roberto Orecchia, direttore Scientifico IEO – come testimonia l’incontro di oggi, giunto alla dodicesima edizione e studiato per condividere con le nostre pazienti il loro vissuto del cancro, fuori dalle mura dell’ospedale. Un “dopo” che, grazie al progresso delle terapie, diventa un periodo sempre più lungo e ricco di aspettative da parte delle pazienti. Oggi siamo i primi ad occuparci in modo sistematico anche del “prima”, vale a dire delle condizioni di alto rischio di sviluppare un tumore. Per questo abbiamo creato l’High Risk Center, un centro con professionisti dedicati e altamente specializzati in prevenzione e genetica clinica, guidati da Bernardo Bonanni, con strumenti avanzati di diagnosi e di prevenzione medica, nonché studi di ricerca, ad esempio su nuovi biomarker, e test predittivi».
«Le nostre pazienti ci insegnano ogni giorno qualcosa, se le sappiamo ascoltare. La loro forza è il motore della nostra capacità di innovare e ricercare. Gli scorsi anni abbiamo lanciato il messaggio “quando una donna si ammala di cancro, il mondo intorno a lei si ferma”. Oggi possiamo aggiungere: “quando una donna decide di lottare contro la malattia, il mondo intorno a lei accelera”» – dichiara Paolo Veronesi, che conduce Ieo per le donne insieme a Lella Costa, Serena Dandini e Mara Maionchi.
«Nei nostri primi 25 anni abbiamo imparato a curare al meglio il tumore del seno – continua Veronesi, Direttore del Programma Senologia IEO – affinando tutti gli strumenti più avanzati che la medicina e la tecnologia ci mettono a disposizione: la diagnostica molecolare, la chirurgia microinvasiva, le tecniche ricostruttive, la radioterapia intraoperatoria o con i raggi mirati che sfruttano le proprietà delle nuove particelle, i farmaci intelligenti o immunoterapici, o quelli tradizionali utilizzati a basse dosi. Ora la frontiera è colpire il cancro alle origini, per evitare che si sviluppi, progredisca o si ripresenti. Qui ci aiuta ancora una volta la ricerca. Che evidenzia, prima di tutto, che il cancro non è solo questione di sfortuna o imperscrutabile destino, ma è causato da alterazioni del DNA che derivano dall’ambiente. Lo ha dimostrato, studiando proprio il tumore del seno, un importante lavoro del nostro dipartimento di ricerca, guidato da Piergiuseppe Pelicci. Con ambiente non intendiamo solo il mondo esterno che ci circonda, ma ciò che influenza la vita di una cellula, quindi l’apporto di energia, i microbi con cui conviviamo, il metabolismo, e altri fattori. Recentemente i ricercatori IEO hanno inoltre scoperto che si può far “morire il cancro di fame”, cioè che una dieta ipoglicemica riduce il tumore, nei modelli animali. Fra pochi mesi saranno avviati studi clinici pilota che riguardano alcuni tipi di tumore del seno per dimostrare la risposta molecolare e l’efficacia clinica di un regime alimentare a ridotto apporto glicemico. Già sapevamo del legame fra alimentazione e cancro del seno. Ma ora abbiamo una pista in più. La prevenzione si conferma come l’arma più potente contro il tumore del seno».
«Il concetto di rischio oncologico è complesso e, nel nostro Paese, ancora confuso – spiega Bernardo Bonanni, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dello IEO e Coordinatore dell’High Risk Center. Conoscere il proprio rischio non vuol dire inventarsi una malattia, ma essere consapevoli di come evitarla. In genere si pensa solo al rischio genetico, mentre in realtà ci sono anche altri fattori di rischio individuale. Oggi siamo in grado di capire il rischio di una certa persona all’interno di una specifica famiglia. E soprattutto sappiamo gestirlo nell’ambito di un programma clinico personalizzato nei vari aspetti (sorveglianza particolare, stile di vita, prevenzione e profilassi). Prossimamente metteremo on line uno specifico “questionario di familiarità”, da compilare e rinviarci. In base ai risultati, a chi davvero necessita di approfondimento verrà proposto un colloquio di counselling oncogenetico o, se sarà il caso, una visita col genetista clinico o con l’oncologo preventivo. In realtà lo IEO offre già da anni questi percorsi, che ora troveranno “una casa” nell’High Risk Center».
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