No, non è questione di fede. Anche se credere che Di Maio abbia un futuro ci si avvicina abbastanza. È che il ritorno di Di Battista è un po’ come l’Apocalisse: il disvelamento dell’anima del Movimento. Non è la fine del mondo, è il ritorno alle radici di purezza. Dove per purezza si intenda la caccia all’indagato, i linciaggi mediatici dell’avversario e la perenne opposizione. E la rinuncia, forse definitiva, all’idea che gli ultimi, gli arrabbiati, gli esclusi ed i non integrati possano governare. Oserei dire, per fortuna. Perché Di Maio processato su Rousseau è il primo passo per il ritorno alla normalità.
Questo ciclo di elezioni è stato l’apice della montagna della follia, per dirla come Lovercraft. Sono state delle politiche senza le regole delle elezioni per il Parlamento, senza le conseguenze di una tale elezione e senza che tutti giocassero la stessa partita. La logica deduzione doveva essere che il Movimento aveva sbagliato strategia comunicativa. Fine. Poi si sarebbe potuto domandarsi se al Sud interessi davvero a qualcuno il posto che abbiamo in Europa. O se le pulsioni securitarie… bla bla bla. Solito chiacchericcio da talk show di provincia. Invece no. Si innesca uno psicodramma bellissimo, frutto di anni di esercizio dell’irrazionalità al potere.
Paragone si dimette per aver detto quello che poi avrebbe fatto Di Maio ed è solo uno dei simboli della corsa alla follia cosmica. Il leader è, come sempre, il ritratto di questa commedia. Rifiuta di farsi giudicare dai suoi collaboratori e dai Parlamentari, ma chiede che a decidere siano Tonino e Giuseppina su Rousseau. Una piattaforma unanimemente considerata una presa in giro, screditata all’infinito in cui, se andrà come deve andare, la sua assoluzione non conterà nulla. Lamenta di essere stato lasciato da solo, dopo aver cacciato tutti dalla sua corte. È un Re Lear che non ha figlie da accusare, solo ombre cui urlare. E la più nera di queste sta intagliando in legno di palissandro delle bellissime code di rondine.
La sega. La sega di Di Battista è il simbolo di questa crisi. Va su e giù, senza ottenere altro di consumare energie e legno. Il legno, in questo caso, del ramo su cui è seduto Giggino. Che urla ed inveisce contro le ombre della sera. Lo giudicheranno i fantasmi di Rousseau ed i fanatici della base. Ma la sega è implacabile, va su e giù. Ed il ramo del caro bibbitaro, purtroppo, può solo che andare giù. Ciao Giggì, ti abbiamo voluto bene. Ora torna alle coche, che la gente ha sete.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,