In epoca liberale e fascista i vertici della magistratura erano una protesi della classe politica. La costituzione (art. 105) sancisce invece che le promozioni dei magistrati e quindi la nomina dei capi dei vari uffici giudiziari spettano alCsm. Così da assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario da ogni altro potere (art. 104). Per il Csm, quindi, esercitare malamente il potere di nomina dei capi è come attentare alla credibilità e all’indipendenza stessa della magistratura. Un tradimento della Costituzione.
Da tempo, purtroppo, le correnti del Csm (quale più quale meno) sono accusate – in alcuni casi senza troppo curarsi dei reali riscontri – di aver accantonato il ruolo per cui erano nate, di confronto sui temi della giustizia, per dedicarsi a trattative anche opache, scambi di posti e favori, scontri poco limpidi per la nomina dei capi degli uffici giudiziari. Al riguardo, le cronache di questi giorni stanno delineando un nuovo, limaccioso capitolo.
Anche al netto dei risvolti penali (nel cui merito non entro) è del tutto evidente il micidiale pericolo che emerge da tali cronache. Un vero colpo di grazia alla fiducia dei cittadini verso la giustizia, già vacillante a fronte di un processo farraginoso ed incomprensibile (con costi e tempi insostenibili) e di martellanti campagne che presentano la giustizia come un campo di battaglia per vendette e scontri politici. La raffigurazione del Csm come una specie di suk, infatti, rafforza il rischio di derive illiberali e disgreganti. Con la conseguenza che la giurisdizione fa sempre più fatica ad assolvere la sua funzione di garante dei diritti dei cittadini e delle regole di convivenza, nonché di equilibrio del sistema istituzionale. Un disastro.
Perciò, dovere assoluto del Csm è potenziare e migliorare il sistema di nomina degli uffici direttivi. Dandosi dove necessario nuove più stringenti regole, per poi applicarle rigorosamente con trasparenza .
Blog Huffington Post Gian Carlo Caselli Magistrato
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