Vabbè c’erano le partite internazionali, la nuova Nations League (buffo omaggio alle nazioni, strano no?), il quasi triplete acciuffato dal Cristiano. I consiglieri della Corte Costituzionale che andavano in visita per dialogare con i carcerati e d’altronde ultimamente c’è tanta voglia di perdono tra i togati da quando hanno fissa la finanza al Palazzo dei Marescialli.
Poi Mentana era stanco per replicare le maratone ed era entrata la riserva, Di Bella; si esibivano i giornalisti, o meglio le giornaliste, di terza fila con commentatori di terza fascia ed direttori di giornali locali a sperticarsi di ringraziamenti per essere stati invitati. La nota politica affidata ai mezzi busti notoriamente mandati in schermo dalle due di notte in poi.
E non si poteva disturbare di nuovo Gilletti all’ultima puntata ed i suoi scoop arabi. C’era la raccolta di memorie della Rossanda, le cui gesta si persero nelle rughe del racconto dei racconti che teneva svegli gli altri degenti mentre ridisegnava nell’aria i simulacri del più bono dei leader marxisti, e neanche lei, maliziosa, era tanto male.
Insomma c’erano ragioni a sufficienza per tralasciare i ballottaggi elettorali, ultimo appuntamento delle elezioni del 26 maggio. Una noia, una barba una noia, una barba sul monotono occhio di bue costretto a riflettere solo il Truce, soltanto la Bestia, sempre la Ruspa, e tutti i nomignoli che a Salvini vengono dedicati. Piuttosto che fare cronaca e raccontare le sue vittorie, sempre tante, sempre uguali, anzi sempre maggiori; ed indigeribili per i media, i media a penser, inclusi i raffinati gossipari, meglio evitare l’argomento e far scendere il silenzio. Come fanno le ex consorti cupe, tristi e brutte che neanche per sogno citerebbero l’unghia della prosperosa e volgare rivale.
C’erano eppure motivi di caratterizzazione teatrale. La vittoria a Paestum del consigliere dello sceriffo campano, con tanto di moglie di camorrista eletta in lista e recupero dei beni sequestrati. Lo squagliamento pentastellato nella città labronica che verrà rappresentata nell’europarlamento dall’ex sindaco ed il ritorno del Pd propiziato dal più grande astensionismo registrato a Livorno e dal cognome del neosindaco, tanto simile a quello del capo della Lega. Il ballottaggio, questo sconosciuto, apparso a Reggio Emilia che ha saputo da ultima della morte di Stalin. Campobasso consegnata ai 5stelle per farne dopo Matera la nuova capitale della cultura; tanto a chi frega delle belle lettere?
Il cielo stellato dei comunelli lombardi tutti andati a piccoli berluscones; la carta da parati a stelle dei comunoni lombardi tutti andati a sinistra, segno che Lega Sud avanza. Infatti trionfo leghista a Potenza con le polemiche sulle braccia levate a palmo diritto. D’altronde nel ventennio non ci venne neanche un gerarca, tutti bloccati ad Eboli. Si è visto di tutto, il neosindaco di Biella così timido e vergognoso delle liste di destra che lo appoggiavano che già in campagna elettorale si era attenuto al mai parole solo fatti. Lo sbriciolamento del Piemonte di sinistra che fu ha frantumato tutti i krumiri, tutte le marise, tutti gli accordi di cassa integrazione rifilati agli italiani, testé rifiutati dai francesi.
Si sono visti anche derby familiari, tra fratelli e sorelle d’Italia. Qualcuno ha subito lanciato il modello Ascoli quando le femmine voteranno Salvini ed i maschi la Meloni ed i gay saranno l’ago della bilancia. 53 grandi comuni al centrodx vs 41 al centrosx, notizia neppure da commentare, da silenziare. Infine si è sentito anche il profumo dei boccioli di rose, Forlì e Ferrara, la rivolta contro le rotatorie, fisse keynesiane delle donne Pd e la devastazione architettonica. Le città delle belle donne si sono accorte di quanto numerose fossero quelle povere, al 10%, e sono inorridite e corse ai ripari. Tutte due alla destra per la prima volta, ed alla Lega per la primissima.
Di fronte a questa primizia, qualcuno non ce l’ha fatta a trattenersi e si è sfogato sulle nobili schermate dell’Huffpost; per quanto il grido di dolore sia pervenuto dai suoi premise periferici tra gli sguardi di disapprovazione dei colleghi. L’accusa rivolta al neosindaco ferrarese è stata precisa, l’aver coperto con bandiera leghista il santo graal dello striscione giallo dedicato a Giulio Regeni. Una bestemmia in chiesa insomma imperdonabile anche tra tante croci e Cristi coperti. Il precedente dello striscione per la pittrice persiana Darabi condannata a morte tenuto per anni da Alemanno a Roma non gli ha portato bene. A parte il fatto che il neo sindaco ha fatto benissimo, l’esempio però è indicativo di un dialogo tra sordi. Non sono state la volgarità, la rozzezza, il disprezzo per le battaglie nobili dei diritti civili, della giustizia sociale della sinistra diffusa presunta radical chic dei professoroni, gli esperti, i titolati, i competenti certificati ad uccidere il ricercatore.
Lo hanno ucciso il terzomondismo, la campagna dissennata delle primavere arabe, le scelte Usa liberal che hanno buttato giù e rimesso su l’autoritarismo egiziano, il quale è protetto dalla rete dei trattati e dell’Onu, che prosegue nell’ipocrisia di considerare i paesi tutti uguali e magari classifica il paese arabo come più democratico del nostro. Lo hanno ucciso coloro che l’hanno fatto rischiare, dello stesso milieu dell’indignato commentatore. Solo la parte politica, scelta dall’elettorato, difenderebbe i ricercatori in Egitto, i giornalisti a Malta ed in Slovacchia, nell’unico modo possibile, quello della forza politica ed economica. Osteggiata da quelle élite, vere e non presunte, dell’economia e della finanza apolidi che magari finanziano sante preghiere su martiri senza causa precisa. Questo elettorato, che ora vota leghista, in continuità col berlusconismo indica delle soluzioni. Cui si contrappongono pochi insulti e tanto silenzio.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.