Un telefono davanti al mare e affidare al vento le parole d’amore per chi non c’è più

Esteri

Scegliere il vento e la sua magia infinita per parlare d’amore, di nostalgia a chi non c’è più. E lo spirito del vento attraverserà l’universo per sussurrare un dolce e straziante rimpianto della persona amata. Tornerà con la quiete dopo un dialogo liberatorio con l’al di là ricoa di nuova forza. Un racconto che il Corriere riporta con la delicatezza che un dolore comporta, sfogliando le risorse dell’animo umano ferito. “Per molti a Otsuchi, cittadina che si affaccia sull’Oceano Pacifico nella prefettura di Iwate, il comportamento di ItaruSasaki poteva essere considerato bizzarro. Ma nemmeno troppo: per un giapponese il dialogo tra umani e spiriti è una possibilità, una caratteristica dell’insieme di credenze della religione shintoista, che attribuisce a ogni cosa, vivente o meno, un kami (spirito) vitale. È così che la Natura stessa prende forma ed è capace di «parlare» con l’uomo, spaventarlo o coccolarlo. Tutto dipende dal nostro rapporto con questo mondo fantastico, dalla capacità di aderire alle sue regole millenarie. Così, la notizia del concittadino che ogni tanto entrava nella cabina, da lui chiamata kaze no denwa, il telefono del vento, non aveva creato grande scompiglio in paese. Almeno fino all’11 marzo 2011, quando uno tsunami scatenato da un terremoto del nono grado della scala Richter, in mezzo all’oceano, aveva spazzato via città e vite, separando per sempre i destini di famiglie intere: mogli che avevano perso il marito; mariti senza più mogli; figli e figlie senza genitori; genitori senza più figli.” Poi il ritorno alla normalità apparente di una cittadina segnata e attraversata da memorie dolorose, rimpianti per non aver detto o non aver detto, dignitosamente raccolti nel cuore, fino a scoppiare. E quella cabina, quel telefono in formica bianca, collegati “con il nulla e tuttavia proprio per questo capace di connettere il mondo di qui e quello del nostro cuore, dove tutto è possibile,” (Corriere)  diventano luogo privilegiato di chi squaderna i ricordi e gli affanni. Guardando il mare, nel vento.

Conclude il Corriere “Chissà se è stato lo stesso spirito del vento (in giapponese: kamikaze) a diffondere la notizia. Fatto sta che piano piano una piccola folla accomunata dal dolore per un lutto inimmaginabile si è recata in pellegrinaggio da ItaruSasaki. Tutti avevano le medesima richiesta, pronunciata dopo un inchino e una lacrima impossibile da trattenere: «Posso fare una telefonata dalla sua cabina? È tanto che non parlo con…».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.