Una delle sciagure che il dominio spagnolo ha portato in Sicilia fu la “Santa Inquisizione”.
Il terribile Tribunale delle torture e dei roghi, istituito per combattere l’eresia, ma che poi, a cominciare dalla Spagna, dove fu organizzato ed imposto dal Regno, divenne strumento di persecuzione razziale (contro i “Moreschi” e gli “Ebrei”) custode della “limpiesa de la sangre” dei “cristianos viejos”. Quella congrega di frati assassini si circondava di una sorta di corte di “collaborazionisti” i cosiddetti “famigliari dell’Inquisizione”. Gran parte dei nobili siciliani si fecero “famigliari”. Avevano diritto ad assistere ai roghi in una tribuna speciale ed a cavalcare con gualdrappa verde nelle processioni che si avviavano verso i luoghi in cui gli “inquisiti” venivano arrostiti. Ma il privilegio vero era quello per il quale i famigliari della Santa Inquisizione erano sottratti alla giustizia ordinaria e soggetti solo a quella dello stesso Santo Tribunale. Che con i suoi famigli sfoderava tutti i riguardi, la dolcezza e la comprensione che non “sprecava” contro i suoi abituali “clienti”. Ma i famigliari dovettero avere una funzione di creare reti di delatori e di spie nella persecuzione. (E’ per questo che l’archivio dell’Inquisizione fu distrutto quando un Vicerè “illuminista” a metà del secolo XVIII abolì in Sicilia quel tetro e terribile strumento di persecuzione. I nobili vollero cancellare la documentazione delle malefatte dei loro antenati).
A queste cose va il mio pensiero quando si sente affermare che serpeggiano tra le forze politiche velleità di quelli che vogliono assumere il ruolo di “famigliari dell’Inquisizione”, di tirapiedi dei moderni progetti persecutorii di sopraffazione da parte delle Procure. Oggi questo ruolo se lo vogliono assicurare per lo più gli uomini della Casaleggio S.r.l., i cosiddetti Cinquestelle. Con le loro ridicole “tavole della legge” del famoso “contratto di Governo” e con le loro amenità (si fa per dire) statutarie, vogliono conferire alla giustizia, a sua volta impegnata in un’azione di supplenza e di sopraffazione di ogni altro potere, un effetto fulminante. Vogliono che basti un avviso di garanzia (bella garanzia!!) per fare fuori un uomo politico, un avversario. Vogliono essere, dicevo, i tirapiedi delle Procure (termine che deriva dalla funzione dei turpi collaboratori del boja di tirare i piedi degli impiccati per assicurarsi del loro strangolamento). Al contempo i Casaleggesi-Cinquestelluti stanno lavorando a creare nuove figure di reato (“sfigurando” l’assetto del codice). Ipotesi di reato che non sono definite in modo da individuare il confine tra il lecito e l’illecito, ma sembrano piuttosto finalizzate a far sì che ogni Procuratore possa incriminare, arrestare, far processare, sputtanare, chi più gli aggrada valendosi dell’elasticità di tali norme. Basti pensare al reato di “traffico di influenze” ed alla dilatazione oltre ogni certo confine del reato di “abuso d’ufficio”, che è divenuto lo strumento prediletto di abusi di magistrati protesi da un “uso alternativo della giustizia” (che è poi l’ingiustizia). Questo tornare sulle orme di delitti più infami e crudeli che sono parte della storia del nostro Paese, le cui versioni moderne sono sbandierate come grande impegno contro la mafia e contro la corruzione, questa mania ci sta dando una nuova mafia di altissimo livello (sistema Montante) e, soprattutto ci dà la “normalità” della corruzione.
Tutti corrotti? Allora la corruzione è “necessaria”. Proposizione terribile, che però non è poi da poter considerare tanto assurda. Oggi la complicazione dei pubblici poteri, con la quale si scontra quotidianamente il cittadino per ogni più semplice esigenza della sua vita e del suo lavoro, sono altrettanti “posti di blocco” che si superano “arrangiandosi”, pagando il pedaggio. Chi non lo fa “è un fesso”. E’ inutile creare la ridicola “autorità anticorruzione”. Si dice che la gente non ne può più della generale corruzione della Amministrazione. In realtà la gente oramai si direbbe non saprebbe più vivere in un mondo di petulanti onesti. O, magari, di ritenuti tali. Ci sono, poi, degli speculatori dell’anticorruzione che, con la loro frenesia di sfruttare al massimo la loro qualità di famigli-tirapiedi dell’Inquisizione, gettano il ridicolo sulle loro stesse manie. Penso, è inutile che mi proponga di non far nomi, ad un Senatore Morra, Presidente della Commissione Antimafia, degno successore di Rosy Bindi, che per l’avvenuto arresto di un consulente di un Ministero ha “convocato” nientemeno il Ministro Salvini. Per fortuna non sono ministro e Morra non ha alcun particolare interesse a sputtanarmi, altrimenti mi avrebbe chiamato a rispondere di chi sa quali altri (e maggiori) “rapporti” con la mafia e la corruzione. Divertente, ma, alla mia età scomodo e faticoso. Per combattere veramente mafia e corruzione, bisogna disfarsi di questi “famigliari dell’Inquisizione”, di questa antimafia, di questa “illibatezza” ridicola.
Mandiamo a quel paese chi pretende di aver trovato un comodo modo per far finta di far politica scegliendo il mestiere del tirapiedi.
Mauro Mellini post
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