Arrivato graditissimo con le fanfare invitanti al grido “Niente muri” neppure quelli di una equità sociale che dovrebbe essere doverosa, l’immigrato sbarca alla Stazione Centrale e assapora immediatamente l’aria della libertà, della autodeterminazione. Il paradiso in cui crede di trovarsi tra promesse e illusioni, gli suggerisce immediatamente che chi fa da sé fa per tre e, quindi, cofidando nella sua arguzia, nella sua forza fisica, pensa che sì, può far valere i suoi istinti di conservazione e capovolgere quel mondo che noiosamente rispetta regole e canoni di convivenza. Ma l’immigrato, se è anche clandestino, impara subito l’arte dell’autodifesa mentale e fisica. E non si conosce l’ufficialità di un vademecum comportamentale, ma il migrante conosce gli indirizzi, i canali per fare soldi, per viaggiare gratis, per occupare abusivamente, per ritrovarsi con i propri simili a fare festa. Nasce così l’ipocrisia di stare in una casa d’accoglienza, di schifare e buttare il cibo sgradito, di fomentare insurrezioni perché “in albergo” qualcosa non va, di fare il viso compassionevole per avere in quell’angolo di strada segnalato perché redditizio, un’elemosina generosa. Non hai lo smartphone, ti mancano i soldi per una buona bottiglia che ti porti in cielo? L’immigrato sa aggredire con reazione fulminea, spesso ha un coltello per terrorizzare i passanti, la cocaina aiuta nel raptus di violenza. E poi se vuoi una vita quasi sedentaria, vai in centro, ai mercati, nel mezzanino del metrò per vendere merce contraffatta e scadente. Ma se ti intrufoli con furbizia nel giro dello spaccio, basta scegliere i luoghi, tanto a Milano tanti angoli con una “storia” sono lì ad aspettarti. Ma se sei sfortunato devi saperti difenderein una rissa violenta e, se gli agenti ti portano davanti a un giudice, niente paura, perché la possibilità di essere condannato è altissima, ma anche la probabilità di essere rilasciato, nonostante sussistano altri reati meritevoli di espulsione. Nascondersi, poi, in una casa occupata e naturalmente non sgomberata, è un gioco, vista la quantità di case abusive esistenti. Ma sì, prima o poi qualcuno ti porterà in Germania o in Francia ben nascosto in un baule della macchina. Per il quotidiano, nessuno ti rimprovera se ti lavi ai giardini pubblici, se bivacchi sulle strade, se in cuor tuo detesti questa Milano che ti ha abbandonato, senza possibilità di integrazione o, anche solo di dialogo e comprensione. Perché non è comprensione quella degli anarchici. E il tempo passa ed è passato senza capire e porre rimedio al tuo disagio, allo sradicamento da un territorio, alle tue ingiustificate reazioni. Eppure esistono e vivono integrati, con un lavoro e un rispetto sempre rinnovato, tanti ospiti venuti ad offrire le loro abilità, quando il flusso migratorio era, sì conoscenza del diverso e accettazione.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano