Nel blitz contro l’‘ndrangheta nell’hinterland milanese sono stati impegnati oltre 400 carabinieri, con il supporto di unità speciali, cinofile ed elicotteri. Il risultato: – trentaquattro persone – 32 italiani, un marocchino ed una donna rumena – sono state arrestate dai carabinieri tra le province di Milano, Varese, Cosenza, Crotone, Firenze, Udine, Ancona, Aosta e Novara nell’ambito di una maxi operazione contro le ramificazioni della ‘ndrangheta nell’hinterland milanese, in particolare tra Legnano e Lonate Pozzolo. Gli arrestati (27 in carcere e 7 agli arresti domiciliari) sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (tutti aggravati poiché commessi avvalendosi del metodo mafioso ed al fine di agevolare le attività dell’associazione mafiosa), truffa aggravata ai danni dello Stato ed intestazione fittizia di beni, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. – “L’aspetto preoccupante di questa vicenda è che la situazione rispetto a 9-10 anni fa sembra immutata.
Anzi la fama criminale, alimentata dal ricorso alla violenza, è riconosciuta dai cittadini che spesso si rivolgono a loro”. “La gente non denuncia o se lo fa se ne pente subito dopo”. La ‘ndrangheta nell’hinterland milanese e nel Varesotto continua a esercitare il suo potere, basato sul consenso sociale e sulla sua funzione anti-Stato oltre che sul controllo dell’attività politico-amministrativa: la conferma arriva dai magistrati dall’inchiesta “Krimisa” diretta dalla Dda di Milano che ha portato a 34 arresti. “Negli ultimi dieci anni, nonostante gli arresti e le operazioni – ha detto il capo della Dda, Alessandra Dolci – non è cambiato nulla”. Ci sono state le inchieste “Bad Boy” e “Infinito”, ma la ‘ndrangheta è riuscita a ricostruire il suo controllo sul territorio, “la cosca non sembra essere stata scalfita dagli arresti”. Ma c’è “.. una nota di speranza – ha detto il capo della DDA, Alessandra Dolci – un imprenditore incredibilmente ha denunciato di essere stato vittima di pressioni, a memoria mia è la prima volta”.
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