Comiche al governo: l’imposizione del nulla grillino deve finire

Attualità

Il genio di Matteo Salvini è stato quello di accettare di governare con Luigi Di Maio, il simpatico “bibitaro” (la definizione è del suo paparino Beppe Grillo) con cui il leader della Lega si è bevuto un bel tè nel deserto. Si è così dimostrato l’errore dei ciechi che sin fan duci. Onestà onestà onestà. Da ultimo, prima che prossimamente vengano giù dall’albero di governo come delle pere mature, gli “onestissimi” sono riusciti a fare il tifo per le Olimpiadi alla Svezia e per la spazzatura a Roma. Perché loro sono fatti così: sono contro il consumo di territorio per farci i “giochi”. E sono contro i termovalorizzatori che affamano i topi.

Adesso lo avete toccato con le vostre mani e lo avete visto con i vostri occhi anche voi che li avete votati perché invece di annullare la scheda elettorale scrivendoci sopra la scritta rivoluzionaria “cacca al diavolo, fiori a Gesù” avete pensato bene che insieme alle sue esilaranti comiche in piazza adesso ci avevamo pure un esilarante movimento politico targato Beppe Grillo. Anche voi adesso comprendete la dura legge del nulla impastato di tracotanza e ignoranza. Il nulla tracotante e ignorante di tutto che, perciò, tanto per non sbagliare, sigilla con “no” tutto. Dai giacimenti di petrolio in Basilicata, a quelli di gas in Adriatico. Dal gasdotto Trans-Adriatico al Tav in Val Susa. Dalla Xylella che si sta mangiando l’ulivocultura dell’intera Puglia all’Ilva tracollante dopo che gli acquirenti indiani sono stati messi di nuovo nelle mani della Procura che dieci anni fa mandò in malora l’acciaieria un tempo più importante d’Europa…

C’è solo da aggiungere, tanti e tali sono stati i “no”. Di peggio c’è solo il grillismo che ha sostenuto un’idea (si fa per dire) di Stato etico-integralista-assistenziale e interpretato la giustizia come braccio armato della presunzione di colpevolezza e dello spirito di vendetta. Insomma, asineria cattiva che avendo distrutto gli ultimi scampoli di razionalità e Stato laico di diritto, candida ore i cinquestelle al bidone della spazzatura della storia come esempio di utopia – veramente, ma veramente – poco intelligente nonostante il cavallo sia ingrassato sotto l’occhio e le menti finissime dei caligola Rizzo, Stella, Gabanelli, Travaglio eccetera. Poco male per loro, dovranno cercarsi un lavoro. Il male però viene per l’Italia. E soprattutto per il Meridione che dei cinquestelle si è fatto illusione e scudo nel deserto.

Il Lombardo-Veneto continua a barcamenarsi da simil Baviera italiana e a sfangarla abbastanza bene in benessere economico, welfare di società, scuola e sanità ancora degni del primo mondo. Il Nord, grazie a una tradizione cattolico popolare, centrodestra, leghista e perfino comunista alla romagnola, ha ancora nel sangue il buon senso, il pragmatismo, l’imprenditorialità. E, tra l’altro, l’asse Milano-Venezia, ha ancora regole e consuetudini di civiltà che risalgono alla Serenissima dei dogi e all’Impero degli Asburgo. Come accennai in consiglio comunale il giorno dopo la bella festa per la conquista delle Olimpiadi 2026, da Milano a Cortina abbiamo ragione a star contenti. Ma attenzione, se non ci ricordiamo il Paese in cui viviamo, se non ci assumiamo la responsabilità politica del Paese decotto, magari finisce che nel 2026, come dice la famosa povera Greta, oltre alla neve non ci sarà neanche più l’Italia.

Due sono le cose indispensabili a breve. La riforma della giustizia anche solo come separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. E, secondo, nuove elezioni. Sul primo versante, i lettori ricorderanno quello che scrissi in questa rubrica nel maggio scorso a proposito di corruzione e politicizzazione della corporazione togata si è infine rivelato agli onori della cronaca (parzialmente, ma suggerendo la normalità di pratiche di “vendita” di posti e di indulgenze giudiziarie occorse da sempre e non soltanto nel caso del buon ultimo Palamara di turno in cima all’Anm e nei traffici in Csm).

E le elezioni sono necessarie a breve anche per consentire alla ditta Casaleggio&Grillo di non perdere proprio tutti gli abbonati alla piattaforma Rousseau.

Luigi Amicone (Tempi)

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