Gli schieramenti sono essenzialmente due, la linea di separazione spacca a metà due partiti. I pro voto ed i no voto sono equamente divisi tra cinque stelle e PD. E la situazione si sta complicando. Non nascondiamocelo, il problema principale è il fattore tempo. Non si superano dieci anni di insulti in sette giorni. La scelta di Mattarella è stata peculiare e, temo, non particolarmente illuminata. Se è vero che il fattore velocità, in una crisi come questa, è fondamentale è anhce vero che se lo era così tanto andavano sciolte le camere la settimana scorsa. Sette giorni non hanno risolto nulla e farlo mercoledì rischia di portare il voto a Novembre. Ovvero una disgrazia con le gambe. Ma andiamo nei dettagli
Pro voto, PD
Zingaretti e Gentiloni, essenzialmente, il governo non lo vogliono. Non lo volevano dal primo giorno, hanno subito l’accelerazione di Renzi, sono stati schifati dalle aperture di Di Maio e male hanno sopportato le parole di Prodi. Tutto questo in silenzio. Tanto non serviva strepitare. Il mandato a trattare ce l’ha Zingaretti. Quindi bastava, nel momento giusto, tirare una coltellata qua, una pugnalata là e tutto sarebbe andato a catafascio. È esattamente quello che è avvenuto. Minare il taglio dei parlamentari, negare un bis a Conte e pretendere i dettagli della finanziaria adesso non hanno altro scopo. Dopo l’uscita di Conte ieri, che esautora Di Maio, hanno subito una battuta d’arresto, dopotutto non possono rompere platealmente senza trovarsi alla gola Renzi, ma è solo questione di tempo. Prima o poi sanno che vinceranno.
Pro voto, M5S
Dibba alla riscossa. Con Di Maio e forse Casaleggio Junior a ruota. No, la base non la prenderà bene. Un accordo con il diavolo è troppo, persino per gente abituata ad applaudire a comando. La loro principale arma, finora, è stata il Conte bis. Ed è stato anche il loro principale errore, perché ha dato l’assist al Premier dimissionario per fare un passo di lato. Ed esporre il cuore riottoso del MoVimento. Anche qui, la rottura o il ritorno con la Lega non può essere esplicito senza una provocazione, perché Grillo chiederebbe il sangue. Quindi? Quindi si punta alla fine del tempo. Per scaricare tutto su Mattarella.
No voto, PD
Renzi sta contando le provocazioni, preparando il conto e preparandosi alla vendetta. Il conto del Segretario Zingaretti è che votando a Novembre il PD aumenterebbe i Parlamentari e decimerebbe i Renziani. Come far saltare tutto. Rompendo il partito e facendogli perdere TUTTI gli uninominali. Renzi lo sa, ed è esattamente quello che minaccia. Chiedendo come prima contropartita la testa di Gentiloni, per lasciare Zingaretti con un coltello alla gola. Se, alla fine, vi fosse un governo lui ne sarebbe il maggiore stakeholder. Una scommessa audace, ma non impossibile da vincere. Solo, sempre più lontana di ora in ora.
No voto, M5S
Gallo, un Carneade alla Camera, attacca Di Battista. Questa la prima mossa della fronda no voto dei peones, gente che rischierebbe il seggio in caso di elezioni. E gente che di tornare a fare il travet non ha voglia alcuna. Il non voto gioca sui numeri. Sono loro la stragrande maggioranza dei gruppi Parlamentari. E da ieri hanno in Conte il loro capo, contro un Di Maio troppo compromesso e troppo assetato di potere. Combattono contro il tempo con la povertà come alleata. Basterà? Martedì lo sapremo.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,