Tempo di studio: l’App d’arte inventata dagli alunni

Cultura e spettacolo

Medie Trevisani, i ragazzi creano una guida interattiva per la Gam  di NICOLA BARONI

«Metti giù quel cellulare!» «Ma sto creando un’app interattiva in inglese e italiano che guidi i visitatori all’interno della Galleria d’Arte Moderna di Milano». Cosa avreste il coraggio di replicare se vostro figlio rispondesse così? È quello che avrebbero potuto dire i più di sessanta studenti della Scuola Media Trevisani Scaetta di Gorla, che durante lo scorso anno scolastico hanno creato l’app Android gratuita “Gam Milano”. Cento opere spiegate in doppia lingua dalle voci dei ragazzi in un’applicazione gratuita e interattiva che ogni visitatore del museo può scaricare. Quattordici studenti, delle classi terze D e F, hanno partecipato tutto l’anno a un laboratorio pomeridiano settimanale volontario, in cui hanno fatto ricerche sulle opere della galleria e hanno imparato a recitare davanti a un microfono per illustrarne le opere. Man mano si sono aggiunti più di cinquanta ragazzi di tutte le classi – prime, seconde e terze – che hanno aiutato i compagni per le letture delle spiegazioni delle opere in lingua inglese. Il tutto coordinato dalla professoressa di arte e immagine  Veronica Biraghi , supportata dalle insegnanti di inglese e di sostegno delle altre classi.

Il risultato finale è un miracolo, anzi due. Il primo è un’applicazione ben fatta, utile per chiunque voglia visitare la galleria (non solo per i ragazzi). «Con questo lavoro gli studenti hanno innanzitutto conosciuto la Galleria, dove si sono sentiti subito a loro agio, e le opere. Hanno imparato a condividere i documenti e i file in drive, inviarli via mail, leggere teatralmente i pezzi e correggere la dizione dove necessario, infine a registrarli», spiega la professoressa Biraghi. «A volte un audio è il risultato di 15 prove, “è troppo moscio” ci dicevamo quando si sentiva che la lettura non andava bene, “i visitatori si addormenterebbero”». Il secondo miracolo del progetto è stato la partecipazione dei ragazzi: «Nessuno era obbligato, eppure hanno partecipato in moltissimi. Anche un paio di ragazzi che non sono venuti a scuola per lunghi periodi ci mandavano i loro contributi audio da casa. Stiamo parlando di casi di abbandono scolastico, con assenze molto lunghe e l’intervento di assistenti sociali – spiega la professoressa –. Io sapevo che stavano bene perché, benché non venissero a scuola, ci inviavano i loro audio». «Hanno partecipato anche ragazzi con sostegno e con bisogni educativi speciali, per esempio molto timidi. All’inizio magari si vergognavano di leggere, ma poi l’hanno fatto. L’hanno fatto tutti volontariamente». Per non parlare della componente interetnica: a creare l’applicazione sono stati ragazzi egiziani, filippini, albanesi, americani, africani e italiani. «Paradossalmente, visto che gli italiani venivano da diverse regioni, anche loro hanno dovuto lavorare sulla dizione, nessuno era avvantaggiato», scherza Biraghi.

Una scuola di periferia, non facile: «Quando abbiamo iniziato, il laboratorio di informatica era quasi inesistente. Ho dovuto recuperare portatili inutilizzati nella scuola facendoli formattare a mio marito, che ci ha aiutato pure con la creazione tecnica dell’app. Anche le colleghe e i genitori sono stati molto d’aiuto: alcuni hanno registrato con i figli, li hanno aiutati a eliminare i rumori di fondo e inviare gli audio». Il terzo miracolo, forse, è stato aver insegnato anche a loro che i cellulari non sono lo strumento del demonio, e che i ragazzi spesso sanno usarli in maniera molto più intelligente di loro. «Metti giù quel cellulare!» «Mamma, piuttosto, spegni la tv e andiamo alla Gam», potrebbero rispondere i ragazzi della Media Trevisani Scaetta. Magari oggi, che la visita al museo è gratuita. E l’app pure.

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