Si comincia con la fondazione di un giornale, La Stampa. L’aveva rilevato, divenendone direttore, Frassati, ricco figlio di un chirurgo, a 27 anni. Non era all’epoca, fine Ottocento, tanto oneroso sostenere un foglio stampato. Nell’Italia dei notabili in cui votava un manipolo di famiglie, fu nominato senatore, poi ambasciatore e per mantenere l’aurea nobile, fu aggredito dai fascisti. E subito ne approfittarono gli Agnelli che fecero del giornale, una foliazione familiare. La Stampa, che era stata giolittissima, divenne così fascistissima fino alla fase repubblichinissima. Si tratta di una vocazione all’aziendalismo governista che il giornale ha sempre mantenuto, facendosi focolare dell’ascesa del fondatore di Repubblica, e da ultimo renzissima, quando il toscano era padrone del paese. Il Frassati pagò intanto caro il suo antifascismo da essere nominato negli anni ’30 capo dell’Italgas dove licenziò a tutto spiano e da ritrovarsi di nuovo senatore nel dopoguerra. Ben si comprende comunque l’aura che l’ha immortalato. E’ quella del Grande Torino, di Superga, di Tasca, di Gobetti, Mole minore della Torino antiFiat, che ha
sempre perso con la forza industriale, finanziaria, ideologica dei Togliatti ed Agnelli. Per i Fantozzi e gli operai sulla via del paradiso si trattavano ovviamente di beghe di padroni.
Eredi di una vita così perigliosa e difficile, conclusa quasi da centenario, furono i due figli, Piergiorgio e Luciana. Il primo morì giovanissimo 24enne l’anno dopo l’omicidio del Re. Scarso a scuola, ma generosissimo con i poveri, venne dichiarato santo, addirittura sociale, 65 anni dopo grazie ad una costellazione geostrategica che aveva fatto incontrare l’ascesa antirussa di un vescovo polacco a capo della Chiesa con le nozze della sorella Luciana con un ambasciatore di Varsavia degli anni ‘30. L’ultimo mondo istituzionale che rimase ancorato all’aristocrazia fu certamente quello delle feluche da ambasciata. Qui visse, tra drappi, stemmi, cavalli bardati e carrozze addobbate Luciana, sposa del rappresentante di un paese che era clericofascista molto più della sua versione odierna (e che a riguardo non scherza) presso la Chiesa più fascista che la storia ricordi. Non è potuta però mancare nella favola bella della sposa e del consorte, entrambi scomparsi più che centenari, l’aureola antifascista necessaria a mantenere i colori pastello. Con tenacia tipicamente femminile, la dama impegnò metà dei suoi lunghi anni a battersi per la beatificazione del fratello; non le mancavano relazioni, risorse né un salotto da madame de Stael nella Roma nel dopoguerra, a Piazza Leonina. L’altra metà di una tanto dolce vita fu impegnata nella curiosità dei viaggi e delle belle amicizie che la posero al centro di attenzioni e corteggiamenti di nomi mitici, come Toscanini, ed altri importanti anche se meno noti, come Werfel e Furtwängler; e nella maternità di Gawronski, il noto giornalista, divenuto poi portavoce di Berlusconi e presidente della Quadriennale romana.
La Valensise, giornalista, professoressa, collaboratrice di Ronchey, direttrice dell’Istituto italiano di cultura di Parigi ha voluto raccontare nel volume per Marsilio La temeraria la biografia o l’agiografia di questa musa del Novecento che visse, meglio di oggi i suoi reality, destinati al suo tempo solo agli occhi dell’elite. Un libro che rientra nel ventaglio della propaganda a favore delle capacità femminili, ma che come al solito il tentativo cade sui gradini dei ruoli di figlia, moglie e madre. Che conferma che la ricchezza fa bene alla salute, e che il fascino del potere rende biondi i bruni, dritti i nasi camusi, sempre giovani le carne flaccide. Come disse l’insigne, nacque san carlo ancora giovinetto. Malgrado la scontrosità, il cattivo gusto, le cattive maniere, il cinismo, la brutalità volgare dei nostri tempi, ori e potere fanno restare sempre attoniti e si fanno concedere, dopo quello di gaudenti, anche il ruolo delle vittime. Il racconto è un affresco dell’amore e della gioia di vivere che l’umanità è sempre riuscita a coltivare anche nell’Italia mussoliniana, nella Germania hitleriana, nella Russia staliniana, nella Polonia di Beck. Non credete al contrario; malgrado loro stessi, i figli -e le figlie- del capo non temono, se la godono, sempre. Alla faccia di neorealisti, operai stupefatti e Fantozzi

Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.