L’odio e il disprezzo sono un fil rouge che accomuna clandestini e anarchici, in una città piegata dall’impotenza e spesso dalla rassegnazione. C’è’ forse una differenza che contraddistingue gli uni dagli altri: i migranti solitamente reagiscono da soli, gli anarchici in gruppo, ma la violenza si ripete con la continuità esasperante che diventa quotidiana, con la volontà di distruggere. E allora diventa abituale mordere, tirare calci e pugni a chi vuole far osservare la legge e distruggere macchine, spaventare con un coltello in mano. Due sere fa gli anarchici in corteo dalla Darsena a San Vittore hanno spaccato vetrine, imbrattato negozi, danneggiato, riempito di scritte banche e concessionari di auto. Un inferno che Milano deve guardare in silenzio, considerata la tolleranza della sinistra. Gli anarchici chiedevano la liberazione di Vincenzo Vecchi, ex attivista arrestato e incarcerato lo scorso agosto in Bretagna dove si era rifugiato per sfuggire alle condanne in Italia per i fatti del G8 di Genova e gli scontri di Milano del 2011. E Milano continua ad assistere a devastazioni, appropriazioni abusive, azioni ingiustificabili. Un migrante chiede al giornalista “Tu mi dai un lavoro? E allora rubo, non importa a chi”. Perché questa è l’ipocrisia di Milano: accoglie migranti e non li integra, giustifica i Centri Sociali perché portatori di consenso. E la mano violenta si nutre di buonismo.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano