I dati diffusi da “Casa della Carità” relativi a un progetto di inclusione sociale che ha interessato 106 famiglie nomadi, ha suscitato molte reazioni e commenti fra cui quelli di Riccardo De Corato. “Una goccia nel mare a fronte di uno sforzo economico non giustificato dai numeri: i nomadi non si integrano per loro scelta e preferiscono vivere di espedienti e nella totale illegalità.” – ha affermato l’assessore a Sicurezza, Immigrazione e Polizia Locale di Regione Lombardia- “Basandosi su un intervento che è partito nel 2005 e ha coinvolto solo 374 soggetti, i responsabili del ‘Villaggio Solidale’ ritengono che per fare uscire i nomadi dalla loro ‘condizione di emarginazione’ si debbano, con fondi pubblici ovviamente, dare loro casa, lavoro, formazione professionale e istruzione. Io al contrario penso che non esista nessuna condizione di emarginazione sociale: è una precisa scelta dei nomadi vivere fuori dalla legge, senza rispettare alcun obbligo, in primis quello di mandare i figli a scuola, come dimostrano i dati sull’inclusione scolastica. Nel presentare i risultati del progetto, il comunicato stampa di “Casa della carità” non manca di produrre una tesi ridicola: le cause dell’emarginazione dei nomadi sarebbero la discriminazione e gli stereotipi negativi, diffusi anche da “attori politici locali – come si legge nella nota stampa – da siti di web news territoriali, da blog autoprodotti di ‘controinformazione’, dai gruppi e dalle pagine private sui social network”. Vista la maggioranza politica che governa Milano da 8 anni, non mi stupirei se venissero organizzati corsi di educazione al rispetto dei rom, destinati ai milanesi. In particolare, a quelli che hanno la sventura di abitare vicino a un insediamento nomade e si trovino a dover fare i conti ‘con gli stereotipi'”.
Molto polemiche a riguardo anche le dichiarazioni di Silvia Sardone, consigliere comunale ed europarlamentare della Lega “La Casa della Carità parla di razzismo e discriminazione da parte degli italiani nei confronti dei rom, ma è un discorso che non sta in piedi. L’integrazione dei nomadi, a Milano ma anche altrove, si è sempre dimostrata un fallimento a causa della cultura di questa etnia poco propensa a uniformarsi alle abitudini del paese in cui si trasferisce. Nel Cat di via Sacile sono stati spesi 2 milioni di euro in tre anni – continua la Sardone -per ritrovarci il 55% degli ospiti accolti a spasso per la città una volta chiuso il percorso di inclusione. Nel Caa di via Novara il Comune di Milano ha speso quasi 1 milione di euro in tre anni per aiutare 81 persone a trovare casa: su 133 persone 52 non hanno nemmeno concluso il percorso di autonomia abitativa. Sono i numeri a dirlo: la sinistra continua a sperperare denaro per una causa persa in partenza”.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845