Sarà un disastro, salvo intese

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Concluso nella notte il Consiglio dei Ministri e licenziato il testo definitivo della manovra. Anzi, dovremmo dire i testi, perché si è deciso di discutere tutto: dalla manovra vera e propria al decreto fiscale. Una mossa non errata, che dimostra come nelle sale del potere sia tornata gente che, almeno a livello formale, sa cosa stia facendo. E con questo si concludono le note positive. Passiamo ora ai primi (altri ne seguiranno man mano che ci si addentra nell’analisi) grandi problemi che questa manovra porta con sé,

Prima di tutto, non possiamo ancora essere certi che sia finita. Il “salvo intese” (che Renzi aveva detto non sarebbe più apparso) fa capire quanto ancora ci sia da fare. Non è un dettaglio da poco: la attuale struttura della legge di bilancio era ed è pensata per evitare il fastidioso fenomeno dell’assalto alla diligenza, tipico rito natalizio della seconda Repubblica (ma pure della prima) che si consumava a ridosso della fine dell’anno, quando, per il combinato disposto della scadenza ravvicinata dei termini per approvare la finanziaria e dell’esigenza di trovare i voti, nella legge trovavano posto le mancette più vergognose. Oggi, in teoria, la cosa non dovrebbe essere più possibile. Salvo intese, appunto.

Dal fronte tasse non è ancora possibile dire una parola definitiva, ma probabilmente verrà colpito il gioco d’azzardo e poco altro. Cosa è ancora da vedere. Di sicuro il punto di caduta di tutte le ossessioni delle quattro sinistre è il carcere per l’evasione. Se le prime dichiarazioni dovessero trovare riscontro, saremmo al delirio. 8 anni di carcere per la dichiarazione fraudolenta.

Detta così è una misura da gulag fiscale. Significa dover aver paura di ogni dichiarazione dei redditi, di ogni rapporto col fisco, di ogni atto od operazione commerciale fatta. Sicuramente ci saranno dei correttivi. O almeno ce lo auguriamo. L’alternativa è prepararsi ad uno scenario distopico a metà tra il villaggio di Sherwood e penisola Gulag.

Le misure che dovrebbero essere finanziate sono poca roba: asili nido per tutti (che in piena denatalità equivalgono alla protezione solare in Antartide) e taglio di un po’ di cuneo fiscale. Mossa giusta, sia chiaro, pur se in perfetto stile comunista: coi soldi degli altri. I soldi, infatti, arriveranno dalle eccedenze versate dalle partite Iva. La famosa storia che se tutti pagassero le tasse scenderebbero. Ovviamente tutti meno chi quelle tasse le ha pagate.

Dimostrando l’assioma che il modo migliore per abbattere la pressione fiscale è la fedeltà di dichiarazione è falso. Non che ce ne fosse bisogno. Ma forse qualcuno dalle parti di Confindustria e Confcommercio stavolta lo capirà.

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