Riconoscere il diritto alla qualità della vita degli anziani è una questione di cultura
Dimenticati da molti, non da Livio Garzanti. Agli anziani, Livio Garzanti ha lasciato in eredità una cifra imponente, 90 milioni di euro. «Con la cultura non vivi», si dice sempre, ma con la cultura degli altri forse sì.
Livio Garzanti era figlio di Aldo, fondatore della casa editrice che porta il nome di famiglia, Garzanti, sorta dopo aver rilevato le Edizioni Treves nel 1936. Dalla fine degli anni Quaranta ha diretto la prestigiosa rivista culturale L’Illustrazione Italiana, nel 1952 ha preso la guida della casa editrice di cui è diventato presidente alla morte del padre, nel 1961. Livio Garzanti ha pubblicato Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, nel 1955, non proprio facile da pubblicare come un qualsiasi Tre metri sopra il cielo.
Sul primo incontro con Pasolini, disse: «Pensai a un personaggio uscito dall’Inferno di Dante: era magrissimo, il viso ossuto, gli occhi immensi, la bocca vuota quasi da morto; indossava un incongruo completo gessato da quattro soldi. Il tormento era già espresso lì, nella sua presenza». Figure che hanno contribuito a rendere meravigliosa l’Italia novecentesca ma che oggi probabilmente verrebbero derisi, osteggiati dalla stessa Italia. Mala tempora currunt, direbbero gli anziani saggi.
Capriccioso, umorale, cinico, dal carattere ruvido, Livio Garzanti è stato editore e milanese. È morto nel 2015 all’età di 93 anni, dopo che nel 1995 Garzanti Editore era stata venduta in parte a UTET in parte a Messaggerie Italiane e dopo che nel 1998 i cataloghi di varia e delle mitiche Garzantine erano stato scorporate.
90 milioni di euro sul conto corrente delle associazioni che si occupano dei disagi sociali degli anziani attraverso una Fondazione che porta il suo nome e quello della madre, a riprova che invecchiare è come tornare bambini.
Dalle prime indiscrezioni, Garzanti ha lasciato disposizioni precise al professor Mario Cera, l’uomo incaricato di gestire le sue volontà testamentarie, rese note solo recentemente: al di là della semplice e ordinaria assistenza, il fondo Garzanti servirà a creare una rete vitale intorno alla vita degli anziani, una vita che sia fatta di relazioni, stimoli, in una parola: qualità. In una «civiltà dell’ingiustizia» (come la definisce lo psichiatra Vittorino Andreoli) così pervasivamente attraversata da valori della produttività da allontanare chi produttivo non lo è più, o non vuole esserlo, gli anziani sono abbandonati.
«Le linee guida della Fondazione» ha spiegato il professor Cera «saranno formative, culturali, antropologiche, scientifiche, socio-economiche e assistenziali, combinate per una convergenza nuova sulla questione longevità». Parole che confermano l’auspicio del Professore Roberto Bernabei dell’associazione Italia Longeva:
«Un oliato percorso di continuità assistenziale è una forma di efficientamento del sistema, ma soprattutto un servizio concreto per il cittadino: c’è qualcuno che gli semplifica la vita nel passaggio fra ospedale e territorio, senza abbandonarlo a se stesso»
Non solo abbandono: come spendono i soldi gli anziani?
L’elaborazione Censis sui dati Istat 2018 (in valori di milioni di euro) e sulle variazioni in percentuale rispetto al 2008 parlano chiaro: gli anziani sono ottimi consumatori e il mercato se n’è accorto da tempo:
Forse aveva ragione Jean Cocteau: «Il peggio quando si invecchia è che si resta giovani».
Una popolazione sempre più anziana, tutto sommato in buona salute, con molto tempo a disposizione. Un pubblico al quale il mercato ha saputo dare una risposta, specie i settori del senior living e dei viaggi, ma la società no. Per la maggior parte delle persone la longevità è certamente vista come un sogno realizzabile, sì, a patto, però, che sia la propria. Non la longevità altrui.
Stela Xhunga (People for planet)
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