Le Palme stanno a guardare con occhio critico quel cono un po’ funereo che poi, dicono, sarà un trionfo di luci e di decorazioni. Sarà…Per ora è un promettente mostro in attesa della bacchetta magica. E poi è assimilabile alle linee essenziali di design che poi è sempre molto chic. D’altronde i vari Prada, Vuitton, Armani ecc. sono talmente chic che sono totalmente radical chic.
Un cono per ora che nega l’elemento umano, la memoria della tradizione, quel sapore anche tattile di un simbolo natalizio. Le palme in fondo se ne fregano. Ma il pulsare della vita, il dinamico andare, l’uomo che diventa colore, luce, gioia, appartiene anche a quell’eravamo che si nutriva di incontri e di voci. E di speranza. Oggi quell’involucro raccoglie ma non distribuisce promesse. Eravamo, tanti anni fa, la Milano che corre, anche nei vicoli con gli artigiani sull’uscio, i tram stracolmi di operai sonnacchiosi. E la nebbia rideva e giocava a nascondino. E lavorare era una coccarda. E lo slancio della fatica stava nelle mani stanche, la sera.
Cantava Jannacci : “Ti te sè no, gh’è tanti automobil
de tucc i color, de tucc i grandezz,
gh’èpien de lus che par vess a Natal
e sora el ciel, pien de bigliett de milla.
Che bel ch’elgh’ha de vess, vess sciori, cont la radio noeuva,
e in de l’armadio la torta per i fioeu,
che vegnen cà de scòla te tocca dagh i vizi:
per tìon’altra vestina, a tì te compri i scarp”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano