da William Shakespeare – drammaturgia e regia Leo Muscato – Dal 10 dicembre al 1 gennaio 2020
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Il copione e il pre-testo
A partire dal “Romeo e Giulietta”, è stato ri-scritto un nuovo testo in cui sono stati eliminati i riferimenti a fatti e persone dell’epoca, i numerosi giochi di parole intraducibili e gran parte delle metafore incomprensibili alla nostra cultura mediterranea. Sono rimasti i personaggi, le loro azioni e i loro sentimenti. Si è arrivati ad un testo che rappresenterà il copione utilizzato dai COMICI, per raccontare “La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo”. Ad esso è stata aggiunta una drammaturgia non verbale, fatta di azioni, reazioni, stati d’animo, intenzioni che racconta le relazioni fra i comici stessi. A parte il Prologo e pochissime altre parole, gli attori in palcoscenico pronunciano solo parole di William Shakespeare.
Lo spettacolo
I veri protagonisti dello spettacolo non sono i personaggi dell’opera, ma i loro interpreti, sette vecchi comici trasformisti che si presentano al pubblico per raccontare La dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo, una storia che tutti conoscono, ma che pensano di poter raccontare meglio degli altri, perché lo fanno osservando il più autentico spirito Elisabettiano. Sono tutti uomini, credono di poter interpretare più personaggi con disinvoltura, anche quelli femminili. Inoltre sono convinti di saper alternare abilmente il tragico al comico; ma a volte le intenzioni si confondono. Presi singolarmente, sembrano avanzi di teatro; messi insieme, formano una compagnia tragica, involontariamente comica, quindi doppiamente tragica. Forse qualcuno lo immagina, ma preferisce non approfondire. Il fatto è che di pari passo con le buone intenzioni, vanno le loro effettive capacità (o modalità) di stare in scena. Questi comici, in una maniera del tutto inconsapevole, si portano in palcoscenico i loro rapporti personali fatti di invidie, ripicche, alleanze, e rappacificazioni. Rivali e complici allo stesso tempo: da un lato si rubano le battute, e dall’altro, si aiutano come meglio possono. E sebbene si limitino a pronunciare le parole scritte dall’esimio poeta, i loro atteggiamenti provocano azioni e reazioni dissociate dal testo che, in una dimensione involontaria, danno vita ad uno spettacolo nello spettacolo.
I PERSONAGGI: L’Avanguardista. (Franz, nei panni di Romeo) È uno specialista nel fare provini per i teatroni; sono anni che caparbiamente si presenta a tutte le audizioni. Ne fa in continuazione, ma nessuno lo prende. Consapevole che non esistono piccole parti, ma al massimo piccoli attori, lui ha sempre recitato particine secondarie, in una compagnia che fa teatro d’avanguardia in ospizi e ospedali. Ha sempre saputo che prima o poi sarebbe arrivata l’occasione giusta: qui, per la prima volta, avrà un ruolo da protagonista. La cosa lo renderà eccessivamente entusiasta. Ci proverà in tutti i modi a essere credibile. Quando ci riuscirà, sarà del tutto involontario.
L’Attorone. (Ale nei panni di Giulietta) Non si rassegna all’idea di dover dividere la scena con tutti quei guitti. Sarebbe un Tragico perfetto, se solo qualcuno attorno gli servisse una battuta per bene. Poiché è ancora pervaso dal sacro fuoco dell’arte, prova a fregarsene della mediocrità che lo circonda e si fa carico di portare avanti lo spettacolo nel più indolore dei modi possibili, fedele al motto ”il minimo sforzo per la massima resa”. Quando si impegna, è talmente bravo da far schiodare le tavole del palcoscenico.
L’Avventizio –(Marco Gobetti) Si trova lì per caso, raccattato chissà dove, e non si sa come. Partecipa a tutto con molta attenzione, ma sembra più uno spettatore che un attore. Sembra quasi che non riesca a distinguere la finzione dalla realtà. Sorride sempre, scuote il capo in continuazione, annuisce. Quando apre bocca, sembra che non reciti affatto; privo di qualunque maschera, è però l’unico capace di far vibrare le corde della verità, in un modo così intenso, da lasciare di stucco anche i compagni.
Il Promiscuo – (Eugenio Allegri) È una specie di istrione, abituato ad esibirsi in ogni tipo di bettola, e per un pubblico che, nella maggior parte dei casi, non è lì per lui. Ha una grande fisicità, ed è convinto di essere il tipo di attore che una volta veniva chiamato promiscuo, e cioè in grado di interpretare indifferentemente il ruolo di Brillante e di Tragico. In realtà è un clown, ma non se n’è mai accorto.
Il Figurante – (Marco Zannoni) Voleva fare il cantante lirico, ma poi ha fatto la comparsa al Teatro dell’Opera. Sempre pronto a raccattare lo scarto di quelle parti che nessuno vuole. Sempre vestito e truccato un’ora prima dello spettacolo, è uno specialista nel fare “Azione di muto spavento”, e dire “Rabarbaro, rabarbaro” con ogni intenzione. In questo spettacolo, per la prima volta nella sua lunga carriera, parla. Il guaio è che balbetta.
Il Direttore – (Paolo Graziosi) C’è un rissoso direttore di scena che sarebbe perfettamente in grado di gestire da solo tutta la macchineria teatrale. Ma poiché questa è continuamente manomessa dai COMICI, a lui non rimane che riparare i danni, con disinvoltura, come se tutto fosse previsto.E’ pure costretto ad interpretare qualche personaggio secondario.
Il Musicante – Forse è l’unico vero talento della compagnia. Deve tirare a campare, e siccome non c’è lavoro, si adatta a suonare anche con questa banda di smandrappati. Suona qualunque cosa, dal più colto Song tedesco, al più sgangherato stornello da osteria.
Questi comici sono pieni di buone intenzioni; i loro propositi sono sani; ma nel momento dell’attuazione, diventano ingenuamente ridicoli.
Succede un miracolo però: nonostante tutto, le parole dell’esimio poeta vincono su ogni cosa. In un modo o nell’altro, questi COMICI, riescono a raccontare la storia dei due giovani amanti, che, sono interpretati da due che “giovani” non lo sono più da tanto tempo. E in un modo o nell’altro riescono pure a far commuovere! Forse perché dalla loro goffaggine traspare una verità che insinua un forte dubbio: quello che, in questa storia, sono proprio loro quelli… Nati sotto contraria stella
Le basi del progetto
Nel teatro elisabettiano quando un drammaturgo metteva mano a un testo non si poneva il problema di scrivere un’opera letteraria. Suo compito era fornire agli attori elementi strutturali e verbali necessari per “raccontare” una storia. Il drammaturgo si limitava a tra-scrivere per la scena, un poema già esistente, il più delle volte conosciuto dal pubblico. Raramente gli autori facevano pubblicare i loro scritti. Shakespeare non lo fece mai. La maggior parte delle sue opere vennero stampate anni dopo essere andate in scena. Erano pubblicazioni che non si basavano su manoscritti dell’autore, ma su ricostruzioni mnemoniche, ad opera di vecchi attori che avevano preso parte alle prime rappresentazioni, o di editori, che mandavano degli stenografi in teatro per redigere un testo. Di una stessa opera potevano essere stampate versioni diverse, ridotte ai suoi momenti memorabili, piene zeppe di omissioni, imprecisioni, ripetizioni di frasi intere, confusioni nella designazione della battuta e altro ancora.
Le opere di Shakespeare, che noi oggi leggiamo, in realtà non sono altro che ricostruzioni congetturali di quelle che il singolo curatore ritiene siano state le intenzioni dell’autore nello scrivere il testo.
All’epoca, per questioni economiche, le compagnie erano composte da non più di dodici attori professionisti, ai quali si aggiungevano cinque o sei ragazzi, o attori avventizi che fungevano da comparse. Poiché in uno spettacolo potevano anche esserci una quarantina di personaggi, era diffusa la pratica del doubling, che consisteva nell’affidare diverse parti ad uno stesso attore. Era, una pratica presa in prestito direttamente dai moralities e dagli interludes della prima metà del Cinquecento, in cui opere con quindici, venti personaggi, venivano interpretate da piccoli gruppi girovaghi che non comprendevano mai più di cinque o sei attori.
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BIGLIETTI: da martedì a venerdì – Poltronissima Prestige € 35,00 – Poltronissima € 32,00 – Poltrona € 23,00 – Poltronissima under 26 € 15,50
Sabato, domenica e festivi – Poltronissima Prestige € 39,00 – Poltronissima € 35,00 – Poltrona € 25,00 – Poltronissima under 26 € 17,50
Per San Silvestro sono previste 2 recite, alle ore 17,30 e alle ore 21,30. Al termine della recita delle 21,30, allo scoccare della mezzanotte, si brinderà al nuovo anno con spumante, panettone e un buffet di dolci insieme a Ale e Franz e agli altri attori della Compagnia. In occasione della recita delle ore 21,30 sarà possibile cenare nel foyer del Teatro a partire dalle ore 20,30-
info su prenotazione, prezzo e menù sul sito del Teatro www.teatromanzoni.it.
Dal 10 dicembre al 1 gennaio 2020
Feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30
26 dicembre ore 19,00 – 31 dicembre ore 17,30 e 21,30 – 1 gennaio ore 18,00
INFO:Teatro Manzoni – Via Manzoni 42 – Tel. 02 7636901- Email: stampa@teatromanzoni.it
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Veramente deludente