Banca Popolare di Bari è un caso da manuale, con tutto il circo che si porta dietro, di quello che non funziona a livello nazionale nelle banche. Ed il primo tassello non è la vigilanza. Non sono nemmeno le regole. O l’onestà. Il primo tassello sono i correntisti. Il secondo gli investitori. Sì, signori. In un momento storico in cui nessuno lo fa, io sono qui a dire che salvare la popolare di Bari ed attutire o eliminare le perdite per azionisti ed obbligazionisti della banca non è solo sbagliato. È assolutamente immorale. Mi spingerò forse anche oltre. Ma intanto iniziamo la corsa contro corrente.
Ieri sul Corriere della Sera una professoressa di Ginnastica, che avrebbe perso 440 mila euro, è andata a Bari a protestare. Solitaria. Sostiene di essere stata truffata. L’ardito meccanismo sarebbe consistito in questo. Lei ha firmato 60 mila euro di titoli. Gli altri 380 mila le sarebbero stati carpiti dal direttore della filiale che le faceva firmare cose che lei non capiva. In quanto finanziariamente analfabeta. Fermiamoci. Respiriamo. E figuriamoci la scena. Questa signora ha un patrimonio di mezzo milione di euro. Non chiede nulla a nessuno. Si fida ciecamente della banca. Firma qualsiasi cosa. Ad occhi chiusi. Senza pensarci. Ottimo.
Lo abbiamo fatto tutti almeno una volta, no? È quello che si fa di solito, giusto? Ecco, no. Non è quello che si fa di solito. È una pessima abitudine Italiana che ci dobbiamo togliere. Se non sai cosa stai facendo, paghi qualcuno che te lo spieghi. E la banca, ovvero quella che ci guadagna, è il peggiore soggetto in assoluto per spiegartelo. Soprattutto se quella banca non è nata per investire il denaro. Io ricorderò sempre quando andai a 25 anni ad investire l’eredità del nonno. Non ho problemi a dire che ero in banca Mediolanum. Avevo letto le condizioni, almeno quelle più importanti, di un loro prodotto. Sapevo quello che volevo. Lo comunico al family banker. E lui mi dice che io non compro assolutamente nulla.
Zero. Prima devo dimostrare di aver capito. Segue mezz’ora di esame. Superato il quale mi è stato fatto investire il denaro. Io sapevo cosa stavo facendo e quindi non correvo pericoli. Il direttore di filiale di certo non sarà andato per il sottile, ma della signora cosa vogliamo dire? Non sapeva in cosa stava investendo, ma quando le staccavano cedolari con il 6,5% di rendimento a cosa pensava? Quando tutti attorno a lei facevano la metà di interessi, lei credeva di aver vinto al superenalotto? Io non credo. Io sono fortemente convinto che il processo mentale fosse un altro. Non mi interessa quanto mi danno, tanto so che a quei soldi non succederà mai nulla. Perché, se salta la banca, LO STATO CI PENSERA’.
Si chiama azzardo morale. È come giocare al gratta e vinci con queste regole: se vinci, tieni tutto. Se perdi, ti rimborso il biglietto. Certo, la professoressa dirà che anche avesse letto i prospetti, questi truccavano i bilanci. Ma qui il problema è un altro. La prima regola per chi investe è diversificare. Non tenere le uova tutte nello stesso cestino. Sono le basi. La seconda è che se perdi, perdi tu. Non la collettività. Ovviamente la signora pensava che il gioco fosse truccato. Ma pensava di essere dalla parte del croupier. Ecco, dobbiamo togliere questa illusione ai piccoli Gordon Gekko di Rocca cannuccia. E dobbiamo farlo il prima possibile.
In alternativa casi come questo si ripeteranno all’infinito.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,