“La proposta di taglio del cuneo fiscale presentata ieri dal ministro dell’economia Roberto Gualtieri ai sindacati può essere condivisibile quanto all’intento di voler abbassare le tasse sul lavoro, ma non per il modo in cui è stata formulata. Diversi, infatti, sono gli aspetti critici che nella proposta si posso individuare.
1. Non si tratta di una vera e propria riforma fiscale, in grado di affrontare sistematicamente i problemi dell’Irpef attuale. Ormai, come spiegato da Enrico Zanetti, tra bonus e flat tax varie che distorcono la progressività tra redditi medio bassi di pari entità ma diversa fonte è che non affrontano mai il problema di una progressività espropriativa per i redditi del ceto medio. L’IRPEF è diventata un mostro dove il 5% dei contribuenti (quelli con redditi oltre i 50.000 euro) paga il 42% dell’imposta netta totale e il restante 95% non paga, oppure paga poco o molto non tanto in base al livello di reddito percepito ma a seconda della attività svolta, con discriminazioni pazzesche tra dipendenti, pensionati, autonomi con flat tax e senza flat tax. E’ ovvio che serva un ridisegno globale dell’IRPEF, ma certamente questo non potrà venire da chi l’IRPEF ha complicato ancora di più in questi ultimi 7 anni.
2. Esiguità dell’ammontare. Ci sono dei forti dubbi sul fatto che uno stanziamento in grado di far aumentare soltanto di poche decine di euro al mese la busta paga mensile dei lavoratori della classe media possa creare un aumento della domanda e dei consumi delle famiglie sufficienti per rilanciare il Pil e l’economia. Quando ci provò il Governo Prodi a tagliare il cuneo fiscale i risultati furono estremamente deludenti. Anche lì, la responsabilità del fallimento fu additata proprio all’esiguità del taglio.
3. Impatto sui conti pubblici. Il taglio del cuneo fiscale, a regime, costa allo Stato 6 miliardi di euro l’anno a partire dal 2021 (3 miliardi nel 2020 perché si parte dalla busta paga di luglio). Per sostenere il costo sarebbe necessario tagliare la spesa pubblica e le tax expenditures, ma questo taglio è molto impopolare e difficilmente sarà fatto da un Governo sempre in cerca di consenso. In questo modo, il taglio del cuneo dovrebbe comportare un aumento del deficit e debito pubblico.
4. Il problema degli esclusi. La misura, come rilevato da diversi economisti, è paradossalmente iniqua nei confronti dei più poveri, in quanto i lavoratori incapienti, ovvero quelli che non hanno un reddito sufficiente per poter godere dei benefici fiscali, resterebbero esclusi. Una vera e propria beffa. A meno di non prevedere un bonus anche per loro, che aumenterebbe però di molto il costo totale dell’intervento. Inoltre, l’intervento crea una discriminazione a danno dei pensionati e dei liberi professionisti più poveri, che anch’essi non godranno del beneficio.
5. Se il beneficio sarà erogato sottoforma di bonus, la misura non potrà essere contabilizzata, secondo quanto previsto dalle regole europee, come riduzione della pressione fiscale (riduzione delle tasse) ma rientrerà come aumento della spesa assistenziale. Lo strumento che il Governo sceglierà per effettuare il taglio (bonus o detrazione) sarà quindi dirimente per capire gli effetti sul carico fiscale imposto su famiglie e Stato”.
Lo scrive in una nota Renato Brunetta, deputato e responsabile economico di Forza Italia.
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