Un paziente con aritmia ventricolare per la prima volta al mondo è stato trattato con un fascio di protoni che ha colpito, in modo mirato e con un ridottissimo impatto sui delicati tessuti circostanti, la parte del cuore responsabile dei battiti cardiaci irregolari. L’intervento, eseguito al Cnao di Pavia, è stato messo a punto in collaborazione con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo.
Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica di Pavia è una delle sei strutture al mondo dotate di acceleratori capaci di generare fasci di protoni e ioni carbonio, solitamente utilizzati per la cura dei tumori radioresistenti e non operabili. “La scelta di utilizzare l’adroterapia con protoni, forma avanzata di radioterapia per la cura dei tumori, per il trattamento di una patologia cardiaca, è nata dalla necessità di contrastare una forma particolarmente aggressiva di aritmia ventricolare, che non aveva risposto efficacemente sia ai trattamenti tradizionali sia a quelli più avanzati (plurimi farmaci, ablazione invasiva tramite radiofrequenza e chirurgia toracica sul sistema nervoso cardiaco) e che determinava nel paziente continue e pericolose alterazioni del ritmo cardiaco”, è possibile leggere nel comunicato ufficiale stilato da Cnao e Fondazione Irccs Policlinico San Matteo.
In seguito all’intervento, il paziente, di 73 anni, è stato tenuto sotto stretto monitoraggio al San Matteo: pochi giorni fa è stato dimesso dalla Cardiologia in buone condizioni generali e trasferito in un reparto per la riabilitazione. L’uomo, affetto da una grave forma di cardiomiopatia dilatativa, era stato trasferito a Pavia da un ospedale milanese, dove era stato ricoverato per aritmie ventricolari e ripetuti arresti cardiaci. Come sottolinea Roberto Rordorf, il responsabile dell’Unità di Aritmologia della Cardiologia del Policlinico San Matteo, diretta da Luigi Oltrona Visconti, la gravità del caso ha spinto i medici a ricorrere a un intervento diverso dal solito. “Anche se la radioterapia con fotoni è già stata utilizzata, seppur in maniera sperimentale e in rari casi, per trattare alcune forme di aritmia, è stato scelto, questa volta, di procedere con i protoni, i quali garantiscono un impatto molto più basso sui tessuti delicati circostanti”, spiega Rordof.
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