Coronavirus, chi è più a rischio

Scienza e Salute

Anziani, malati e uomini più a rischio di subire pesanti conseguenze da Covid-19. A confermare i risultati di un precedente studio, una maxi-ricerca cinese condotta su oltre 44.000 persone infettate dal nuovo coronavirus nel più grande lavoro dall’inizio dell’epidemia. Ebbene, il più elevato tasso di mortalità è stato registrato per gli ‘over 80’. I dati del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ccdc) rilevano che oltre l’80% dei casi finora è stato lieve, e che proprio i malati e gli anziani sono maggiormente a rischio. La ricerca, pubblicata sul ‘Chinese Journal of Epidemiology’, indica anche un elevato rischio per il personale medico. E questo proprio nei giorni in cui si piange Liu Zhiming, 51 anni, direttore dell’ospedale Wuchang di Wuhan, uno dei principali nosocomi nell’epicentro dell’epidemia.
Il rapporto del Ccdc mostra inoltre che il tasso di mortalità della provincia ‘nell’occhio del ciclone’ è del 2,9% rispetto allo 0,4% nel resto del Paese. I risultati hanno portato il tasso di mortalità totale di Covid-19 al 2,3%. L’analisi condotta mostra che l’80,9% delle infezioni è classificato come lieve, il 13,8% come grave e solo il 4,7% come critico. Il numero di morti tra le persone infette, noto come tasso di letalità, rimane basso, ma aumenta tra le persone con più di 80 anni. Quanto al genere, lo studio sembra confermare le prime sensazioni: gli uomini appaiono più esposti a rischi letali (2,8%) rispetto alle donne (1,7%).

 

Il report identifica anche le malattie pre-esistenti che mettono più rischio i pazienti. Al primo posto figurano le patologie cardiovascolari, seguite da diabete, malattie respiratorie croniche e ipertensione. Buone notizie per i più piccini: lo studio ha individuato un tasso di mortalità pari a zero per i bambini piccoli. Di tutt’altro tenore i risultati per gli operatori sanitari. Sottolineando il rischio per il personale medico, il documento afferma che all’11 febbraio un totale di 3.019 operatori sanitari erano stati infettati, 1.716 dei quali casi confermati.

 

Guardando al futuro, il documento rileva inoltre che “la curva epidemica dell’insorgenza dei sintomi” ha raggiunto il picco intorno al 23-26 gennaio, prima di diminuire all’11 febbraio. Lo studio suggerisce che la tendenza al ribasso della curva epidemica complessiva potrebbe significare che “isolamento di intere città, trasmissione di informazioni cruciali (lavaggio delle mani, mascherine) attraverso più canali e mobilitazione di squadre multisettoriali di risposta rapida stanno contribuendo a contenere l’epidemia”. Ma gli autori avvertono anche che, con molte persone in arrivo dopo le vacanze, il Paese “deve prepararsi per il possibile rimbalzo dell’epidemia”. (adnkronos)

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