A te che nasci adesso, a te che sento tra le mani tenero e sorgivo, quasi friabile, so che non mi intendi e perciò ti dico. Avverto il tuo calore nelle vibrazioni, quei fremiti d’esordio per il distacco e per la vita incognita. Ci vedi ancora come ombre perché ti abbaglia la luce dopo la calda gattabuia materna. A te che vieni al mondo, il tuo passato si riassume in poche ore, il tuo sguardo così straniero e familiare, così veggente nella sua provvisoria cecità. Quelle lacrime, quei suoni, quei sospiri, e quel tremore che rende insicuro chi ti tiene tra le mani. La pianta nascente s’innaffia con le sue stesse lacrime. Eppure in te, minuscolo fagotto appena nato, pulsa una colossale eredità; genitori, avi e mondi ti sono impressi dentro, tenero back-up di vetusti archivi. Nei tuoi occhi e nei tuoi albori non distingui ancora la realtà dal fantasma, le speranze dalle disperazioni; sono la stessa cosa, vista di fronte o di spalle.
Sento il tuo sporgerti e il tuo ritrarti, per tornare nel grembo. Vivrai tutta la vita in quel moto ondoso, tra slanci e rifugi. Sei venuto come un’imboscata gioiosa della sorte; impreviste gravidanze erano nell’aria, corpi fusi, un neonato trasvolava i cieli dell’increato, prima o poi avrebbe planato… Del resto, ad altri come noi e prima di noi, era già accaduto. Ma tu chi veramente sei, da dove arrivi, venuto dal buio alla luce e dalla luce al buio. Tu, vivente trattino di congiunzione tra il qui e l’altrove. Vedo la tua vita ventura, scorgo la parabola che compierai lungo le quattro stagioni della vita, e poi la quinta. Sbocciando sfiorirai. Conosco il tragitto per filo e per segno, anche se ignoro il tuo avvenire, e non sarò presente a tutto; in quella trafila siamo consorti, dal primo all’ultimo venuto. Ci passarono, ci passammo, ci passerete. Non c’è disperazione, non c’è pensiero della morte, che non si sospenda davanti a una vita che si schiude al mondo e al tempo. A volte, l’euforia e la malinconia si prestano a vicenda pianti e sorrisi. Lo spettacolo di una vita all’alba è assoluto. Basta a sé. È il mondo che ricomincia mentre noi finiamo. Un miracolo che si ripete dall’inizio di ogni inizio, e pure resta miracolosamente tale. Il mistero assurdo della nascita. Il nulla che si è fatto essere: chi dei due inganna? Però nel mezzo ci sei tu, creatura sorgiva, e riempi il dubbio di stupore. Sei il benvenuto, e la luce ti accompagni.
Marcello Veneziani
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