Coronavirus, l’ultimo paradosso del governo è sui medici

Attualità

Nella gestione dell’emergenza Coronavirus da parte del governo italiano, c’è un ulteriore paradosso – oltre alle modalità di comunicazione che hanno prima generato il panico tra i cittadini salvo poi chiedere di “abbassare i toni” – ed è purtroppo l’esempio migliore per spiegare gli errori compiuti in questi giorni.

Mentre migliaia di medici, infermieri e operatori sanitari sono impegnati per cercare di curare i pazienti positivi al Coronavirus, gestire le costanti richieste di intervento e svolgere l’attività sanitaria ordinaria che non può fermarsi in un contesto sempre più difficile a causa degli organici ridotti ai minimi termini, il MIUR decide di rimandare a “data da destinarsi” l’Esame di Stato di Medico-Chirurgo per abilitare i nuovi medici a causa del Coronavirus.

Una decisione paradossale che ha suscitato lo sdegno di migliaia di neolaureati che hanno sottoscritto un appello per porre l’attenzione su un fatto che rischia di avere conseguenze non solo per i diretti interessati ma per tutti gli italiani poiché: “senza abilitazione un laureato in Medicina e Chirurgia non può essere utile in alcun modo alla comunità. Non può sostituire i medici di base, non può fare il medico di continuità assistenziale (ex guardia medica), non può iniziare il corso di Medicina generale… non può, insomma, essere medico”.

Una situazione che va avanti da mesi e comporta notevoli disagi organizzativi per i neolaureati ma che diventa ancor più grave alla luce dell’emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro paese: “ritardare l’abilitazione vuol dire far sì che un grande numero di medici non potrà contribuire a rispondere alle esigenze delle proprie comunità, anche in un contesto di incertezza e di importante domanda sanitaria come quello attuale, in un momento in cui il personale sanitario già e sempre più oberato si trova a rispondere anche alle difficoltà e paure create dalla diffusione del Coronavirus”.

Francesco Giubilei (blog Nicola Porro)

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