Dopo i fatti di Napoli, Tissone segretario Silp, reagisce con amarezza

Attualità

Il 25 ottobre 1992 un carabiniere 19enne, Corrado Nastasi, libero dal servizio, fu rapinato e ucciso in provincia di Napoli. La sua storia mi ha sempre colpito, come quella di tanti miei colleghi che sono morti per mano criminale. Una vicenda che ricorda da vicino, almeno in parte, quella del sedicenne che ha tentato di rapinare, con una pistola giocattolo di metallo in tutto e per tutto simile all’originale, un altro giovane, 23enne, carabiniere libero dal servizio, il quale ha reagito con la propria arma di ordinanza. Stavolta a restare ucciso è stato il rapinatore. Non voglio entrare nel merito di un fatto che è oggetto di indagine da parte della magistratura che ricostruirà l’esatta dinamica degli avvenimenti. Certo è che non è facile per nessuno, anche per un poliziotto o un carabiniere, trovarsi in macchina con una persona cara e vedersi puntare un’arma alla tempia.

Ogni giorno le lavoratrici e i lavoratori in divisa, a Napoli ma non solo, rischiano la vita in servizio. E anche liberi dal servizio. Poi c’è il dramma di questo ragazzo dei Quartieri Spagnoli, nato e cresciuto in una realtà complessa, probabilmente anche familiare. La sua morte è una sconfitta per tutti noi. Poi, ancora, c’è la reazione criminale, quella dei colpi di arma da fuoco esplosi da 2 persone in sella a uno scooter contro la caserma dei carabinieri di via Morgantini subito dopo la morte del giovane per non parlare della devastazione del pronto soccorso dell’ospedale Pellegrini. Una reazione inaccettabile da qualsiasi punto di vista. Si resta inebetiti e travolti da notizie del genere. Perché ci si immagina nei panni del carabiniere e alla reazione che avrebbe ognuno di noi di fronte a un tentativo di rapina a mano armata.

Ma da genitori non possiamo non immedesimarci in quella famiglia che ha perso un figlio, pur con le sue responsabilità. Viene da chiedersi che altra vita avrebbe potuto fare quel ragazzo se fosse cresciuto e vissuto in un altro contesto sociale o famigliare. Me lo chiedo da padre che cerca, nel proprio piccolo, di dare tutto se stesso per i propri figli. Come gli alberi, per essere forti, devono avere buoni radici, così il principio di legalità, per prosperare, deve crescere in una società più giusta. Non perfetta, ma migliore dell’attuale. Con minori disuguaglianze. Con più opportunità. Tutti noi, nei nostri ambiti e nei nostri ruoli, nella nostra quotidianità, possiamo fare molto per cambiare le cose. 

Blog Daniele Tissone Segretario generale sindacato di polizia Silp Cgil

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