Quanto ci costerà la paralisi del Nord Italia dovuta al coronavirus? Il centro di Ref Ricerche ha provato a fare una prima, agghiacciante, stima: l’epidemia e soprattutto le misure adottate per contenerla potrebbero comportare per il nostro Paese, nel breve termine, un minor Pil compreso tra i 9 miliardi e i 27 mld, a seconda delle ipotesi adottate sull’entità delle perdite (e dei guadagni) nei diversi settori. La flessione per l’intera economia invece va da un -1% a un -3%. Una sorta di tsunami economico per l’Italia. “La stima di Ref Ricerche considera l’impatto diretto della diffusione del virus nelle regioni italiane, con effetti immediati e di più lunga durata, a seconda del settore considerato – scriveva qualche giorno fa il Corriere della Sera –. Si ricorda che Lombardia e Veneto, le due regioni dove maggiori sono stati i casi e più drastiche le misure di contenimento, contano per il 31% del Pil italiano. Aritmeticamente, una contrazione del 10%in sole queste due regioni significa una diminuzione del 3% di quello per l’intero Paese.”
Il fatto è che gli effetti negativi del coronavirus sulla nostra economia non sono destinati a vedersi immediatamente. Esattamente come il nuovo morbo, che ha bisogno di qualche giorno per dispiegare i propri effetti sul paziente, anche l’Italia paleserà la sua malattia economica nel secondo trimestre dell’anno. Stando a quanto riporta ancora il Corriere della Sera, sempre secondo il centro Ref ricerche, la scoperta dei primi casi, le misure di contenimento e la diffusione della paura tra la popolazione sono avvenuti nell’ultima decade di febbraio e quindi incideranno solo su una parte del primo trimestre, mentre dispiegheranno appieno i loro effetti nel secondo. Anche i canali di trasmissione presentano elementi di novità rispetto a situazioni analoghe del passato. L’istituto di ricerca ricorda che stiamo attraversando la prima epidemia dell’epoca dei social media e questo non può che amplificare l’effetto delle notizie, provocando mutamenti repentini delle aspettative. Ma è anche la prima epidemia dell’epoca dello smart working, un modo per favorire la prosecuzione dell’attività assecondando l’esigenza di limitare i contatti personali.
Ecco perché il governo giallorosso si sforza di raccontarci quali misure economiche il governo ha deciso di dispiegare per salvare le zone “rosse” e “gialle” dalla recessione. Il problema è che il disastro economico rischia di colpire non solo tutta la nazione ma, a livello globale, l’Europa e forse anche gli Stati Uniti. Se accadesse, non ci sarebbe banca centrale a poter salvare nessun Paese: la crisi che ci aspetterebbe sarebbe ben peggiore di quella del 2008.
Post Ernesto Preatoni
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