C’era quella “A” che danzava nelle sacre stanze di Conte e del PD, ma la compagnia riunita sembrava occupata in altre cose, ad esempio deliberare “pasticci” di decreti a puntate. E nessuno, proprio nessuno ha pensato a quella “A” senza madre.
Mancava la deputata Laura Boldrini contro l’ottusità di un partito a cui, peraltro, appartiene e che fortissimamente volle. E, così, il parto imperfetto che emargina il genere femminile è stato solennemente vergato nella conosciutissima autocertificazione. “In questi giorni è stata proposta una autocertificazione inclusiva che non sia declinata solo al maschile come quella attualmente vigente. Lei cosa ne pensa?”, chiedono i conduttori del programma radiofonico “Un giorno da pecora”. La riposta è sicura: “Ancora non scatta questo automatismo, c’è il genere maschile e quello femminile, ma io sono ottimista: ci si arriverà. Non costa nulla inserire una cosa come o/a, così da non far sentire nessuno escluso. Ma si fa ancora molta fatica a recepire questo semplice concetto”.
E adesso le medichesse, le dichiarantesse, le donne che escono a far la spesa come faranno se non è previsto il femminile? Quella “A” sghignazza, si sente importante, ricorda lotte di deputate e non, la guida autorevole della ex Presidenta e pensa “Ma che saranno mai il maschio Coronavirus, gli ospedali insufficienti, i medici stravolti dalla stanchezza”…Questi maschi insensibili hanno dimenticato la “A” assolutamente prioritaria, vero Boldrini?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano