Una lezione di vita, una lezione di umiltà, questo maledetto coronavirus. Subdolo, improvviso, silenzioso, illogico, scatenato, resistente, anche letale. Adagio, sembra dire, altri virus, altre emergenze possono fermare l’ascesa invincibile a cui Milano sembrava destinata. E la tragica situazione attuale ha reso centrale l’uomo, quello che abita a CityLife e quelli che si accartocciano negli angoli della città. Lo smart al cubo del “modello” Milano, l’utopia che cancella problemi, difficoltà, povertà non ha ragion d’essere. Esiste una coesistenza di giustizia sociale, una visione che salvi e valorizzi tutte le fasce sociali. Sala è annegato in una realtà che annienta, ha conosciuto e, si spera, imparato che l’umiltà è il prodotto dell’equilibrio e della vera solidarietà. Non era preparato, non immaginava che la terra può divorare a volte i cieli dei sogni. Milano oggi è ferma, ha bisogno di ripartire, non vuole morire davanti alle 10mila bare, figlie di una città che ha dovuto arrendersi. Ma il bagno di umiltà servirà nella gradualità della rinascita a un Sala oggi “suonato” come un pugile al tappeto? La gente operosa è figlia degli anziani che raccontano con pudore i calli alle mani, le rinunce, la condivisione che operò il miracolo di una risurrezione voluta, faticata. E i sacrifici rendevano “uguali”, costruttori di un futuro. Ieri un’aquila reale ha sorvolato Milano, curiosa, forse, dell’inatteso deserto, chiedendosi “E adesso?”

Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano