Il rimpianto futuro

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Il coronavirus ha ucciso finora 120mila persone nel mondo e ne ha coivolte 2 milioni. Il 20%  dei morti sono statunitensi, poco meno del 20% italiani, 15% spagnoli,  12% francesi, 10% inglesi. In questi paesi il totale fa quasi 90mila defunti. Cina e Germania registrano il 2,5% cadauno, l’Iran e il Belgio il 3, Svizzera, Brasile e Turchia l’1, quasi l’uno la Svezia. Segue un lunghissimo elenco di paesi con qualche centinaio o decina di morti. Portogallo, Austria, Russia, Polonia, Romania, Irlanda, Ungheria, paesi scandinavi.  Sembra quasi che la natura abbia preso sul serio i nostri confini amministrativi e li rispetti più delle Ong. Ci sono delle evidenti differenze tra sistemi sanitari nei diversi continenti, ma non così rimarchevoli all’interno di ciascuno di essi.

Il Canada ha avuto finora 780 morti a fronte dei 24mila americani, 30 volte meno ma i canadesi sono solo 8 volte meno dei cugini immediatamente meridionali. In Europa la sanità è una cosa ad occidente ed un’altra ad oriente ma sembra che abbia funzionato meglio la peggiore. In tutta l’Africa ci sono meno morti che in Irlanda, poco più di 300. Il Giappone ne ha avuti poco più di 100, 33 volte meno dei cinesi che sono tanti più dei nipponici ma anche 2 volte meno dei coreani del sud che sono la metà di loro. E poi i tempi di esplosione. 4 mesi in Cina, qualche settimana negli Usa, un mese e mezzo in Italia, un mese in Spagna. L’epidemia qui è arrivata lenta, là veloce; qui ha ucciso poco alla volta, qua molto e tutto di un tratto.  Come avesse simpatie ed antipatie. Perché mai non toccare quasi i portoghesi ed accanirsi sui cugini spagnoli?

Si è detto che il virus colpisca gli anziani bianchi e ricchi d’Europa tralasciando per esempio gli immigrati che continuano a morire più in mare. Negli Usa però le vittime sono soprattutto di colore e ispaniche. Probabile che il virus non sia razzista e che non guardi in faccia a nessuno. Certo le società meno trafficate, meno ricche, più chiuse ed isolate finiscono per coltivare i loro mali tradizionali e non importarli.  Anche in Italia, la Lombardia che ha gli stessi morti di tutta l’UK, supera nel triste primato il Lazio di 36 volte ma anche il Veneto di 11 volte.  15mila morti al Nord, in tre regioni e 5000 nelle restanti 18. Ed è evidente che le persone tutte, compresa dirigenza e politica reagiscano diversamente a seconda del numero di bare che incontrano. Un conto è la logica, la tabella excel, altra cosa è il dramma vissuto nelle vicinanze se non negli affetti.  Cosa che spiega perché chi è più rigorista, più attento ai conti che ai battiti, sia quello che vede anche meno bare.

Dicono che questi numeri, ufficiali, siano sottostimati. In certe aree sono sicuri che vadano moltiplicati per 3 o 4 volte. Come se in Italia fossero morte 60mila o 80mila persone; nel mondo mezzo milione. Quando i numeri si fanno enormi, e per la Grecia antica la massima enormità era la miriades, 40mila unità, l’occhio nudo umano non rileva differenze, come quando ci si accapiglia sul numero di manifestanti in una piazza. Centomila, un milione, due milioni; dopo le prime decine di migliaia, all’occhio nudo sembra tutto uguale, sempre enorme. 20mila, 30mila, 40mila sono comunque sempre numeri enormi per chi è in medias res, immediatamente vicino, circondato dalla morte. Diverso è per chi è lontano che quei numeri vede scorrere sulle tabelle. Probabile che tante differenze siano dovute alle statistiche ed al modo diverso di costruirle. In alcuni paesi semplicemente non si sono cercate le tracce del colpevole virus e in altri lo si è inserito come concausa di morte a tutti i costi. In alcuni paesi si sono costruite reti di rilevazioni dei dati estremamente capillari  in  altri si è proceduto al meglio solo nelle capitali. La cosa più neutra e maggiormente omologabile al mondo resta frammentata da tantissime burocrazie restie a svelare e condividere i loro metodi di raccolta ed analisi dati.

L’informazione è potere, a seconda di quale e come la trasmetti, cambiano reazioni, atteggiamenti e predisposizioni della gente. Tra cui i politici le cui forme di reazione, le norme, possono essere salubri come pericolose. Domani a pericolo passato, senza tamponi, senza test, senza analisi, conteremo i morti in assoluto  e li paragoneremo a quelli degli anni precedenti. Magari troveremo nel mondo un timido rialzo. Magari lo troveremo enorme anche in paesi al di sopra di ogni sospetto e che non sapranno giustificare la moria. Il tempo sarà passato, però; anche quello della battaglia. Conterà solo il posizionamento di ciascuno all’indomani del diradarsi del fumo. Dopo, tutto ricomincerà come prima. Chi viaggiava, viaggerà; chi commerciava, commercerà; chi mangiava cani e gatti li rimangerà. Tornerà l’inquinamento ed il sole riapparso nei cieli indiani e cinesi, scomparirà di nuovo. Chi aveva dato colpa al cambiamento climatico della comparsa del virus, gli darà la responsabilità della scomparsa. E rimpiangerà questi tempi infausti.

Non sarà certo un virus a cambiare la natura umana.

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