127 i medici morti, 31 infermieri e 9 farmacisti: il coronavirus non perdona e sembra punire l’abnegazione, il sacrificio.
“Cessate d’uccidere i morti,/Non gridate più, non gridate/ Se li volete ancora udire, /Se sperate di non perire (Ungaretti)”. Cessate di rispondere a una tragedia umana con il sospetto, l’invettiva per favorire un gioco politico di potere. Hanno dato la vita. Ma in quel massacro alla sanità soprattutto lombardo acritico, accusatorio tout court, dovrebbe emergere la colpa fondamentale di una gestione della sanità dai tempi dell’austerità, fallimentare, imprudente, con interessi sottesi fino all’emergenza che ha tolto il velo a carenze volute e a pianificazioni irrisolte.
In un reportage di Inside Over pubblicato da Il Giornale si fanno nomi e cognomi e cifre di chi ha depauperato il comparto sanità.
“La Fondazione Gimbe ha equiparato tagli e aumenti “falliti” alla dotazione economica del Sistema Sanitario Nazionale avvenuti negli ultimi anni, calcolando in 37 miliardi di euro le risorse complessivamente sottratte alla sanità pubblica tra il 2010 e il 2019. I fondi sono stati tagliati in maniera lineare dai governi Monti (8 miliardi tra la finanziaria 2012 e quella 2013), Letta (8,4 miliardi di tagli nella finanziaria 2014) e Renzi (meno 8 miliardi nel 2015), mentre tra le leggi di bilancio 2015 e 2017 il governo dell’attuale leader di Italia Viva si è reso responsabile di 8,4 miliardi di euro di mancati aumenti della dotazione del Ssn. Analogamente, l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni (con la finanziaria 2018) e il primo governo di Giuseppe Conte (M5S-Lega) hanno bloccato degli aumenti programmati per complessivi 3,7 miliardi di euro (3,1 il primo, 0,6 il secondo) prima che nell’ultima legge di bilancio un aumento di risorse di 2 miliardi di euro trovasse finalmente il modo di concretizzarsi. Un sistema che ha retto con forza alla prova del Covid-19 ma è stato a lungo depotenziato e messo in crisi dall’interno. Per scelte politiche accecate da un’ideologia economica miope e non attenta alla salute dei suoi cittadini. Bene universale, primario e supremo in cui nome non è saggio sacrificare risorse che si rivelano preziose e competenze indispensabili nel momento del bisogno”.
E si dovrebbero considerare i precari fondi alla ricerca, gli stipendi dei medici, la fuga dei tanti che sono accolti all’estero, il mancato riconoscimento del plus lavoro ecc. La sinistra si chieda perché ospedali vengono abbandonati ancora incompiuti o non operativi, perché cliniche sono state chiuse ecc. Accusare la Lombardia di mala gestione è guardare il dito anziché la luna, ma soprattutto non rispettare chi ha dato la vita per salvare le Persone. Solo in Lombardia sono 86 i decessi. A Niguarda, per citare un’eccellenza di ospedale pubblico, da un rapporto interno sui medici, gli infermieri e i tecnici che si sono ammalati di coronavirus all’interno del «Niguarda», ecco le cifre :41 medici; 6 «sanitari non medici»; 75 infermieri; 17 Oss (operatori socio sanitari); 19 tecnici vari; 20 altre figure professionali; 7 amministrativi. In tutto, fanno 185 ammalati, 13 dei quali hanno avuto bisogno di un ricovero. (fonte il Corriere) Se ai parenti delle vittime si deve rispetto e partecipazione, “non gridate più”. Gli “eroi” sono morti anche per tutti noi.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano