Non ce l’ha fatta Orazio U. il secondo lavoratore del Comune di Milano, 57 anni, stroncato dal virus a un mese e mezzo dal ricovero. Era stato spostato nelle scorse settimane dal San Carlo, dove si trovava dalla sera del venerdì 6 marzo, all’ospedale di Koln (Colonia) in Germania dove le sue condizioni sembravano essere in miglioramento. Fino alla giornata di ieri, quando le reni non hanno retto alla violenza del coronavirus. Orazio era uno di noi, forzati da dirigenti senza morale, da assessori interessati alla carriera e alle buffonate stile #milanononsiferma piuttosto che alla salute dei propri lavoratori a lavorare in ambienti pericolosi, affollati, senza dispositivi di sicurezza, senza mascherine e distanziatori. Gli sportelli dell’Urbanistica e dell’edilizia, al piano terra di via Bernina 12, sono rimasti aperti al pubblico fino al 20 marzo. Il martedì 12 marzo erano stati staccati ben 151 biglietti al totem che registra gli ingressi, con decine di architetti e ingegneri esterni: protocolli, servizi, sportelli spesso privi di vetri di protezione, rimasti affollati ed aperti fino al 20 marzo dopo ben 30 giorni dall’inizio del contagio, nelle maledette settimane successive al 20 febbraio 2020. Nelle stesse ore, in quei giorni concitati, mentre lo sconcerto e la paura prendevano il sopravvento più volte, in qualità di Rappresentante per la sicurezza dei lavoratori avevo chiesto ai dirigenti responsabili la chiusura della sede agli esterni, guanti, mascherine, dispositivi di protezione. Nulla. ‘Il protocollo non lo prevede’ mi avevano ripetuto in tanti, anche all’incontro organizzato a palazzo reale, presenti i vertici dirigenziali del Comune di Milano. ‘La mascherina non serve’, ci spiegava con una sicumera da scienziato il medico competente Proto. ‘Siamo orgogliosi che il Comune abbia tenuto gli sportelli aperti, mentre l’Inps è restata chiusa’, ci spiegava il direttore delle risorse umane Iossa. In quelle maledette giornate un dirigente sceso dai ‘piani alti’ per chiedere ai colleghi sportellisti del piano terra di togliersi le mascherine per non ‘allarmare’ gli utenti alle mie rimostranze, mi aveva detto: ‘Che problema c’è, sono solo anziani quelli che muoiono’. Non aveva fatto meglio il datore di lavoro, l’arch. Collarini che sollecitata più e più volte, anche di persona, a un incontro, aveva rifiutato persino di vedermi. Nemmeno parlare con le sue segretarie era servito a chiudere la sede. Orazio infatti si era ammalato l’ultima settimana di febbraio. Aveva la tosse e solo il 6, dopo una settimana a casa era stato portato al San Carlo in crisi respiratoria. Perchè i colleghi, vicini di scrivania del povero Orazio, non sono stati avvertiti dal datore di Lavoro? Perchè fare rischiare di portare il virus a casa dai propri cari, dai propri anziani, se la notizia del ricovero era nota ai responsabili. E perchè, ancora, non sono stato avvertito in qualità di Rls così come prevede il d.l. 81/2008 testo unico della sicurezza dei casi di positività presenti in Bernina, dove un altro collega dell’area tecnica se l’è vista brutta e dove sono diversi i colleghi rimasti a casa con sintomi da coronavirus, senza aver fatto nessun tampone o test? Restano tante domande, ma soprattutto resta la impreparazione mostrata dai dirigenti, una realtà sotto gli occhi anche del più cieco estimatore di questa Amministrazione, di cui diversi esponenti, proprio nei momenti in cui Orazio veniva ricoverato, non si vergognavano di condividere il video omicida #milanononsiferma, con immagini di gente che si abbracciava, ristoranti pieni, cantieri attivi, cinema e ristoranti affollati. Gli stessi che ora stanno gestendo ‘la fase 2’. In questa #Caporetto, mentre i generali dal calduccio delle loro stanze ordinano aperture e ragliano di uffici aperti, resta il buonsenso dei fanti della trincea, i lavoratori. Potete anche salvarvi, come avete fatto in passato, dalle denunce in Procura, dalle segnalazioni ai Gip, dall’evidenza dei fatti. Ma non potrete mai essere assolti davanti agli occhi dei lavoratori del Comune di Milano, che hanno già decretato la sentenza.
Post di un collega del dipendente del Comune morto
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