Assessore Mattinzoli (F.I) «Hanno usato una tragedia per screditare la Lombardia»

Lombardia

Alessandro Mattinzoli, assessore di Forza Italia allo Sviluppo economico in Lombardia, colpito dal coronavirus, è finito in terapia intensiva. Poi, vinta la battaglia per la vita, ne ha iniziata un’altra. E’ stato intervistato da Alessandro Rico per la Verità, e riportiamo le opinioni più incisive espresse con chiarezza. Proprio lui ai coordinatori bresciani di Fi aveva inviato un colorito messaggio vocale: «Non sono mai stato per la pena di morte, ma mi auguro che Conte, finita questa emergenza, venga e ne prenda tante».

L’inizio è rassicurante «Finalmente ho avuto il secondo tampone negativo». Racconta la via crucis della malattia «Il  28 febbraio entro in ospedale. Il 29 notte si apre una porta e un’infermiera bardata mi dice: “Mattinzoli, purtroppo lei è positivo…Ho risposto: “Lei vuol dire che potrei non rivedere più i miei figli?” Mi hanno intubato. Da lì i ri­cordi si fanno confusi. Solo da metà marzo ho iniziato a rendermi conto della quotidianità del reparto, assi­stito in maniera impeccabile, come tutti gli altri 14 ricoverati. La politica. «Vorrei chiarire che i toni del mio sfogo su Giuseppe Conte sono stati dettati dalla rabbia e dalla sofferenza accumulate, insieme agli operatori sanitari, che vedevo lavo­rare in condizioni drammatiche. La sa una cosa? Nel letto dov’ero steso io, erano già morte tre persone…Perciò il senso delle mie critiche rimane.Torno alla dichiarazione dello stato d’emergenza, all’intervista di Conte da Lilli Gruber, in cui diceva che eravamo pronti ad affrontare l’emergenza e a quando assicurava che non c’erano pericoli»….Mi pare evidente. Io ho lanciato un grido d’allarme. In Lombardia è successo qualcosa di cui, chi sta se­duto dietro una scrivania a Roma, non s’è reso conto fino in fondo…Hanno i dati, le statistiche, ma non hanno la percezione della si­tuazione sul piano umano»….Rimprovero la mancata pre­venzione, uno scarso coordina­mento con le Regioni: chiu­diamo, non chiudiamo, zo­ne rosse si, zone rosse no…C’è una totale intempe­stività nel rilancio econo­mico. …Hanno promesso liquidità, ma le modalità di accesso al credito so­no quelle ordinarie. Perciò io mercoledì vado a firmare con le banche un accordo per un pacchetto di accesso al cre­dito di circa 200 milioni». La domanda è precisa: dicono che con la pande­mia sia crollato il mito della sanità lombarda, che ha puntato sui gran­di ospedali, trascurando i presidi sanitari sul territorio.«Io credo che all’inizio dell’e­mergenza ci siano stati giorni di caos, di mancanza di coordina­mento, che spettava allo Stato, visto che la gestione commissariale era in capo alla Protezione civile…Hanno tentato di occultare le responsabilità del governo buttan­dola sulla contrapposizione con le Regioni. Praticamente, pretende­vano che fossimo autonomi soltan­to nell’emergenza. Hanno fatto un uso politico delle nostre difficoltà e della nostra tragedia». E se il ministro Francesco Boccia chiede di ricentralizzare la sanità… sbotta «Vanno a fare i ministri senza avere esperienze di amministrazione sul territorio. Poi però la seconda manifattura d’Europa e le tasse che versa a Roma ­fanno comodo, eh…» Errori nelle RSA? «Può darsi che, in un mo­mento di emergenza, ci siano stati degli errori. Ma Fontana s’è messo a disposizione degli inquirenti e qui siamo tutti pronti ad assumerci le nostre responsabilità».. 

Se c’è chi demonizza la lombardia la per la commistione pubblico-privato, spiega «È un’accusa ridicola: ci sono esempi eccellenti di collaborazio­ne pubblico-privato. Questi qui, pe­raltro, credono di poter combatte­re la corruzione moltiplicando le leggi, o introducendo un assurdo Codice degli appalti. Così moriamo di burocrazia…Sì, c’è stato sicuramente un gio­chino politico. La politica vera, in­vece, è quella che amministra, Roberto Saviano dice che la commistione pubblico-privato nella sanità lombarda ha favorito la corruzione che tutela le imprese, i lavoratori e pure la sostenibilità». Riflette l’interlocutore “Michele Serra sostiene che in Lombardia avete pagato con la vita la «religione del profitto».  «Fontana, Gallera e l’assessore al Lavoro, Melania Rizzoli, per prepa­rare, ove possibile, la ripartenza, hanno messo attorno a un tavolo tutti: rappresentanti del mondo produttivo, dei sindaçati, delle uni­versità. Il profitto può anche non essere un male… Serra dovrebbe sapere che chi perde il lavoro finisce in depressio­ne. La crisi economica rischia di distruggere le famiglie: la salute va protetta anche da questo punto di vista. Ameno che non pensiamo di mantenere tutti con il reddito di cittadinanza. E i lombardi non vo­gliono».

Cosa può fare il Governo?? «Vorrei un tavolo allargato alle Regioni per definire una strategia di ripartenza diversificata per set­tori: in alcuni casi si dovrà pensare a un piano triennale…Questa è l’occasione per elimi­nare la burocrazia e ripensare la spesa pubblica. Non tagliando quella utile, come i 37 miliardi sot­tratti alla sanità, ma riducendo quella improduttiva… Per risolvere questo dramma ci voglio­no 450-500 miliardi di euro. Ancora stiamo a cercare le ma­scherine. Però sono fiducioso… Conte è riuscito a resi­stere al governo con due maggio­ranze diverse, prima o poi il miracolo ce lo farà…»

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