La guerra è finita. Così si diceva ancora sottovoce, il 25 aprile del 1945. Milano è una città ferita, bombardata, stremata. Le macerie testimoniano gli edifici distrutti, la miseria. Sguardi ancora smarriti, risate improvvise: il tempo è una data storica, dopo il lungo pregare delle mamme, delle nonne chiuse in casa in attesa, dopo notizie disperate, dopo quel calvario alla ricerca del pane. I rifugiati in cascine fuori città, mangiavano l’asfalto inebriati dalla libertà per ritornare a Milano. L’economia era in crisi e si aggravava ogni giorno. Il cibo era un lusso, si lavorava l’intera settimana, anche nei giorni festivi e le ferie… un sogno. Ma Milano ha vitalità e inventiva, e forti braccia per lavorare. Iniziò la ripresa lentamente con la volontà di una intera popolazione. La ricostruzione fu portata avanti da responsabili illuminati e innamorati di Milano. E il lavoro, la casa saziarono l’ansia di una guerra che sembrava non finire mai. Ma Milano rispose unita, con uno scambio di solidarietà che aveva radici profonde nella privazione, nel sacrificio. Era la speranza il comune denominatore, una speranza incrollabile, ciascuno con le proprie aspettative, con i suoi sogni. Collaborazione e quella febbre del fare che sa compiere i miracoli.
In questo sfilacciamento sociale, nella ricerca spasmodica di progetti grandiosi e solo quelli, può morire anche la fattibilità di piccole iniziative che tanto hanno bisogno di rinascere. La rinascita è condivisione con gli ultimi, supporto al lavoro e a chi lo permette, guida sicura e lungimirante che sappia abbracciare l’intero tessuto sociale
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano