Coronavirus, dai big della fisica il ‘ventilatore Milano’ ora sbarca negli Usa

Scienza e Salute

Dalla materia oscura ai polmoni. E’ il ‘salto quantico’ di un gruppo di scienziati dediti allo studio dell’universo e protagonisti di un’incursione in una nuova dimensione. Un’idea li ha spinti ad applicare le loro conoscenze sull”invisibile’ all’emergenza coronavirus, coinvolgendo nella causa anche big della fisica, compreso un Nobel. Il risultato è in una sigla: Mvm, Milano ventilatore meccanico, un dispositivo per la respirazione assistita nato in Italia e sviluppato in poco più di un mese da una maxi collaborazione scientifica internazionale.

Oggi Mvm ottiene il ‘bollino’ della Food and Drug Administration (Fda), quella che tecnicamente si chiama certificazione di emergenza Eua (Emergency Use Authorization). Ha quindi tutte le carte in regola per sbarcare negli Usa ed entrare nelle dotazioni degli ospedali dei Paesi che riconoscono la certificazione americana.

Le sue caratteristiche? Mvm è stato pensato per essere prodotto facilmente e velocemente ovunque, su larga scala e a costi contenuti, grazie a “un progetto ad accesso libero, e un design meccanico semplice basato su componenti di facile reperibilità sul mercato”. Si tratta, assicurano gli ideatori, di “un dispositivo sicuro ed efficace, perché dotato di un sistema di controllo avanzato che consente le diverse modalità di ventilazione per agire efficacemente ma al contempo delicatamente sui polmoni”. Motore del progetto è stato Cristiano Galbiati, del Gran Sasso Science Institute (Gssi), Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e Università di Princeton.

Tutto comincia quindi in un mondo lontano ‘anni luce’ dalla medicina: ci sono degli scienziati impegnati nella ricerca sulla materia oscura, componente invisibile dell’universo, con esperimenti ai laboratori del Gran Sasso e in laboratori canadesi. Pane per i loro denti è la realizzazione di sofisticati apparati sperimentali per la ricerca in fisica fondamentale. Grazie a questa attività i ricercatori hanno sviluppato un’esperienza in materia di sistemi di controllo complessi e per la gestione dei gas analoghi a quelli impiegati nei ventilatori polmonari. L’idea è stata di usare queste competenze proprio per realizzare un respiratore. In Italia il progetto ha avuto da subito il supporto dell’Infn, delle università di Milano-Bicocca, Milano Statale, Napoli Federico II, di Gssi e degli istituti Stiima e Istp del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

Il gruppo di scienziati ‘inventori’ ha così avviato lo sviluppo di un primo prototipo di ventilatore nel centro di assistenza tecnica per respiratori dell’azienda Sapio Life di Vaprio d’Adda, vicino a Bergamo, in collaborazione con il Dipartimento di fisica della Statale di Milano. Il contesto in cui nasce il progetto è quello drammatico della pandemia. La rapida diffusione del virus Sars-CoV-2 ha acceso i riflettori su un rischio a cui possono andare incontro i Paesi colpiti: la scarsità di ventilatori rispetto al numero di pazienti. L’Italia nelle sue aree più colpite questo pericolo lo ha toccato con mano, mentre un’ondata di malati riempiva velocemente le terapie intensive. La malattia Covid-19 porta a complicanze polmonari gravi in circa il 6% delle persone colpite. Complicanze che richiedono l’impiego di un ventilatore che pompi l’ossigeno nei polmoni ed espella l’anidride carbonica quando viene rilasciata l’aria..

Il lavoro di squadra coinvolge una lunga lista di enti e istituzioni. Si lavora per escludere l’emissione di sostanze nocive durante il funzionamento del ventilatore, per ottenere l’approvazione dagli enti certificatori, e così via. Per le procedure di verifica vengono coinvolte, oltre alle istituzioni italiane competenti, all’estero la Fda, la Us Air Force e Health Canada. La responsabilità primaria della presentazione del progetto alla Fda per la sua certificazione viene assunta da Elemaster, tramite il suo International design center. “Abbiamo risposto con entusiasmo alla proposta di collaborazione ricevuta dalla comunità scientifica internazionale – racconta il presidente e Ceo di Elemaster Tecnologie Elettroniche, Gabriele Cogliati – Questo prodotto risponde a tutti i requisiti e alle normative internazionali del progetto, e ha una portata rivoluzionaria proprio in virtù della sua semplicità e facilità d’uso, che lo rende replicabile in tutti i paesi del mondo”. I primi prototipi di Mvm, dice Cogliati, sono stati industrializzati “in tempo record”. Anche a livello internazionale la collaborazione è cresciuta rapidamente, includendo fra gli altri in Canada il Mc Donald Institute, sotto la guida del premio Nobel per la Fisica Art McDonald della Queen’sUniversity, e negli Stati Uniti scienziati del Fermilab, del Laboratorio di Fisica del Plasma di Princeton e di varie Università. “Abbiamo partecipato con grande motivazione allo sviluppo del progetto Mvm – commenta McDonald – Personalmente è stata un’esperienza straordinaria collaborare in un team internazionale che copre una così vasta gamma di competenze, lavorando duramente per contribuire a salvare vite umane in questi tempi difficili”. “Tutti sono felici – aggiunge il Nobel – quando i loro talenti possono fare la differenza. Questo è un bellissimo esempio di vero spirito umanitario”.

In Europa si sono uniti al progetto ricercatori dell’Istituto IN2P3 del Cnrs francese, del laboratorio spagnolo Ciemat e del Centro nazionale per la ricerca nucleare polacco e di diversi altri istituti e università. Mvm trae ispirazione dal ventilatore di Manley, sviluppato da Roger Manley nel 1961, sul principio della “possibilità di utilizzare la pressione dei gas emessi dall’apparecchio da anestesia come forza motrice per un semplice apparecchio per ventilazione polmonare nei pazienti in sala operatoria”. Un particolare che ha commosso il figlio John Manley: “E’ meraviglioso – ha commentato – vedere che il lavoro di mio padre ha ancora oggi le potenzialità per aiutare tante persone”. Mvm è costituito da elettrovalvole pneumatiche e non da commutatori meccanici. Durante il progetto, il dispositivo si è arricchito di caratteristiche avanzate proposte dagli anestesisti in prima linea nelle corsie degli ospedali della Lombardia con i malati Covid.

Il disegno modulare del ventilatore si presta allo scambio di componenti in base alla disponibilità nelle diverse parti del mondo. E il progetto finale sarà pubblicato su arXiv.org e concesso in licenza dalla Fondazione Aria. ­I membri della Collaborazione internazionale Mvm hanno intrapreso il progetto attingendo alle proprie risorse e hanno attivato una campagna di crowdfunding. Mvm, illustra Galbiati, “rappresenta un caso paradigmatico: da un lato mostra il ruolo fondamentale e il grande impatto che la ricerca di base, con la sua capacità di conoscenza e di innovazione tecnologica, ha sulla società, e dall’altro evidenzia l’importanza della collaborazione internazionale e multidisciplinare per affrontare le grandi sfide dei nostri tempi”. La certificazione della Fda, conclude, “è un traguardo importante e per tutti noi una grande soddisfazione: il nostro Milano ventilatore meccanico diventa da progetto una realtà, che speriamo possa contribuire a salvare molte vite”. (Adnkronos)

1 thought on “Coronavirus, dai big della fisica il ‘ventilatore Milano’ ora sbarca negli Usa

  1. La traduzione della frase attribuita al figlio di Manley contiene un errore concettuale ( si parla di pressione prodotta dai gas per anestesia) : i’idea nuova era di sfruttare la pressione presente nei gas per anestesia come forza motrice utilizzabile per trasferire ai polmoni del paziente il volume corrente necessario alla respirazione alveolare.

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