La dolorosa confessione “Ambulante di food. Dimenticata la categoria, niente diritti, e ora?”

Milano

Buongiorno, sono Panetta Giovanni, sono un piccolo imprenditore, o meglio lo ero, lo ero fino al 23 febbraio 2020, quello è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Faccio parte di una categoria abbandonata dallo stato, si dimenticata, perchè non rientriamo in nessun decreto o norma prevista per le prossime fasi di riabilitazione alla “vita normale”. Mi occupo di ristorazione su area pubblica, faccio l’ambulante, ho alcuni camioncini che vendono panini fuori dallo stadio prima e dopo una partita o un concerto, dopo una nottata passata in discoteca o durante una fiera o sagra, prima chiamati baracchini, ora food truck, è un’attivita generazionale, mio padre fu uno dei primi fondatori di questo lavoro a Milano. Si proprio cosi, siamo stati dimenticati, perché siamo ambulanti, ma non facciamo parte dei mercati cittadini, ma operiamo in fiere e sagre o manifestazioni. Chiunque almeno una volta nella vita ha partecipato ad una fiera della propria città, una sagra di paese, ecco, tutte quelle bancarelle che trovavate ora sono a casa dal 23 febbraio 2020. Il governo, le regioni, i comuni, non hanno pensato lontanamente a poter riorganizzare e inserire queste manifestazioni, ma per noi luoghi di lavoro. Dietro ogni banco c’è più di una famiglia che ci lavora, non solo un’azienda o una partita iva. L’ambulante non è una professione normale, non è solo un numero di codice ateco, è fare sacrifici per arrivare a fine mese, per pagare la cambiale del mezzo, il finanziamento del furgone, la rata dell’attività appena acquistata, riuscire a fare la fiera per coprire l’assegno fatto, si è sempre un rincorrere qualcosa che non si sa bene cosa, niente tredicesima o quattordicesima, niente tfr o malattia. Non abbiamo un programma di quando potremmo tornare a lavorare. Ora mi ritrovo abbandonato dallo stato, dalla regione, dal comune, da qualsiasi ente, non so quando riprenderò la mia attività, né in che modi, ma specialmente se riuscirò a resistere fino a quel momento. Non so cosa dire ai miei dipendenti che tali non sono, ma la definerei la mia famiglia allargata, quando mi fanno la domanda: “quando riprenderemo?” alzo lo sguardo e mi vengono gli occhi lucidi. Per lo stato dovrei valere 600 euro al mese, 800 dal mese prossimo, ho 3 aziende delle quali sono legale rappresentante, per cui i 600 euro li devo dividere per le spese di 3 società, quindi 200 euro l’una. Non so se riuscirò a rimanere in piedi, non vorrei cadere e con me lasciare a casa 15 persone, come dicevo non ho incassi da 2 mesi, e le risorse finanziarie stanno terminando, un’azienda come la mia ha spese che vanno oltre le moratorie o gli aiuti che il governo ha deciso di rilasciare. L’assicurazione di tutti i mezzi, visto che la proroga era di 30 giorni. La corrente dei vari punti vendita, visto che continuano ad arrivare, nel caso non pagassi chiuderebbero la fornitura e butterei tutta la merce alimentare. Il rischio di buttare la merce alimentare precedentemente acquistata e da pagare. Contabilità delle 3 aziende, buste paghe e oneri per le casse d’integrazione dei dipendenti. In tutto questo, dovrei anche mantenere una famiglia, visto che ho una moglie e una figlia di 10 anni, fare la spesa, bollette, corrente e telefonia, visto che con la didattica a distanza è necessario internet. Mi chiedo con 600 euro posso fare fronte a tutto questo? Potrei anche richiedere un prestito fino al 25% del mio fatturato 2019, ma se le mie garanzie bancarie non sono sufficienti, non viene erogato nulla. Io chiedo, ho sentito dal nostro presidente che nessuno verrà lasciato solo, che andrà tutto bene, ma non ho più risposte da utilizzare tra pochissimo, quando le mie forze economiche saranno esaurite. Grazie mille.

Giovanni Panetta Un cittadino Italiano

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