No, Silvia Romano non è un caso unico

Attualità

Antefatto: io non intendo ergermi a giudice del foro interiore di Silvia Romano. Quindi dell’autenticità della sua conversione non so e non mi interessa nulla. Idem dicasi per i motivi. Da credente non mi pare singolare che nei momenti bui la Luce di Dio brilli più forte. Certo, colpisce che qualcuno scelga la fede dei propri rapitori. Ma, ed è questo il punto di questo articolo, è davvero una cosa inaudita? Mai vista prima? La costrizione è davvero l’unica ragione possibile?

Premessa storico religiosa: l’Islam non ama forzare le conversioni. È un cliché che sa molto di autocritica. L’Islam, nelle sue incarnazioni più dure ed atroci, non ti obbliga a convertirti. Ti sottomette. Schiavizza. Ti vende. Ma non ti battezza a forza. Prima di tutto per l’assenza di un battesimo (inteso come sacramento con cui si RICEVE, l’Islam prevede una DICHIARAZIONE con cui si entra), ma poi per una serie di questioni non secondarie.

La prima è che i non Islamici godono di minori diritti agli occhi dei fondamentalisti. Oh, sia chiaro, non si parla di tutto l’Islam, ma della sua versione integralista. Però in questa è previsto che Cristiani ed Ebrei continuino ad esistere. E a mantenere i padroni Islamici. Quindi no, gli Islamici non ci vogliono convertiti. Vogliono, i più estremisti, che ci pieghiamo alla loro interpretazione del Corano. Ma se non beviamo e li trattiamo come padroni possiamo continuare a pregare Cristo. In segreto.

In questo quadro abbiamo una ragazza prigioniera che adotta la fede dei suoi rapitori. Come, d’altronde ha fatto Uluç Alì.

Uluç Alì, nato Giovan Dionigi Galeni, nel 1519 a La Castella in Calabria fu rapito e fatto schiavo dai corsari poco priam di entrare in convento. Messo ai remi, si convertì per poter uccidere un marinaio Napoletano che lo aveva insultato. Sposò la figlia di un altro convertito e iniziò una brillante carriera che lo vide comandare l’ala sinistra della flotta Ottomana a Lepanto. Fu l’unico capitano a salvarsi. Corsaro di successo, arrivò ad essere bey (Governatore) di Tunisi e Capitano della flotta Turca, che ricostruì dopo Lepanto. Morì nel 1587 lasciando ai suoi schiavi la sua immensa fortuna, dopo aver fondato il villaggio di Nuova Calabaria.

In una delle sue scorrerie catturò Vincenzo Cicala, ed il figlio Scipione. Vincenzo pagò il riscatto, ma il figlio fu trattenuto. Entrò poi nei Giannizzeri, convertitosi all’Islam per evitare una vita di servitù al remo e scalò la società Turca fino all’apice, divenendo Capudàn Pascià, Grand’Ammiraglio, e poi Visir. Non finì benissimo, ma la carriera fu sicuramente sfolgorante.

Val la pena, visto che li abbiamo citati, parlare dei Giannizzeri. Corpo scelto del Sultano, erano tutti, invariabilmente tutti, bambini Cristiani scelti per entrare in questo particolare corpo che si convertivano all’Islam. E tra questi venivano spesso scelti i funzionari di più alto livello.

Ma, mi si potrà obiettare, questi sono casi che risalgono a cinque secoli fa. Il fenomeno, però, ha anche degli episodi più recenti. Uno che mi piace ricordare è quello di Amedeo Guillet, il Comandante Diavolo, che continuò al sua personale guerra agli Inglesi anche dopo la ritirata dell’Esercito Italiano dal Corno d’Africa. Braccato e in fuga, si rifugiò in Yemen. Tra la sua guerra personale ed il ritorno in Italia è molto probabile che abbia proferito la formula rituale per divenire islamico. Di sicuro visse secondo i impecetti coranici per alcuni anni. Erano un rinnegato? Lo fece per esigenze belliche (applicando la taqiyya, l’inganno lecito, precetto islamico, per quanto più sciita che sunnita)? Io non lo so, e non credo sia rilevante. Fatto sta che lo ha fatto.

In sostanza, no, Silvia Romano non ha compiuto nulla di incredibilmente nuovo, convertendosi. Che lo abbia fatto per sopravvivere, per congiungersi al dio che le pareva più vicino e pronto all’ascolto o che abbia trovato la sua strada, si è messa su un sentiero già battuto. E per rispondere alle accuse che le sono piovute addosso lascio parlare De Andrè, con l’ultima strofa del suo Sinan Capudàn Pascià:

E digghe a chi me ciamma rénegôu
che a tûtte ë ricchesse a l’argentu e l’öu
Sinán gh’a lasciòu de luxî au sü
giastemmandu Mumä au postu du Segnü

E digli a chi mi chiama rinnegato
che a tutte le ricchezze all’argento e all’oro
Sinán ha concesso di luccicare al sole
bestemmiando Maometto al posto del Signore

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