Cei «torna a rilanciare la forte preoccupazione espressa in queste settimane da genitori, alunni e docenti delle scuole paritarie, a fronte di una situazione economica che ne sta ponendo a rischio la stessa sopravvivenza».
20 mila borse di studio
Oltre a ricordare il «servizio pubblico» svolto dalle paritarie, il comunicato sottolinea che «le forme di sostegno poste in essere dal Decreto Rilancio – in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, a seguito delle misure adottate per contrastare la pandemia – ammontano a 65 milioni per le istituzioni scolastiche dell’infanzia e a 40 milioni per le scuole primarie e secondarie, a fronte di un miliardo e mezzo destinato alla scuola tutta». Ma tutto questo non basta e la Cei chiede uno sforzo ulteriore «per assicurare a tutte le famiglie la possibilità di una libera scelta educativa, esigenza essenziale in un quadro democratico».». Insomma, i vescovi non solo chiedono, ma danno. Per quel che risulta a Tempi, le borse di studio dovrebbero aggirarsi sui 2.000 euro ad alunno. Una cifra consistente.
Oneri per lo Stato
E domenica su Repubblica è stato pubblicato un articolo di Alessandro De Nicola il quale calcola che, se chiudessero il 30 per cento degli istituti paritari, per lo Stato sarebbe un bel costo.
«Oggi evitare il fallimento delle scuole private significa evitare maggiori oneri per lo Stato. In media il costo annuale di un alunno del sistema pubblico è di 6.000 auro, mentre il contributo medio (diretto e indiretto) del governo per ogni scolaro di paritaria è di circa 750 euro. Ci sono 866 mila bambini che frequentano asili e scuole private. Se un terzo si riversasse nell’ambito statale, il conto sarebbe presto fatto: 5.250 per 290 mila uguale 1 miliardo e 522 milioni di euro, senza contare l’inevitabile disoccupazione di molti dipendenti degli istituti paritari (circa 160 mila)».
Fonte Tempi.it
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