La bagarre scoppiata al Senato è risaputa: Riccardo Ricciardi del M5S ha attaccato la sanità lombarda. Le opposizioni hanno risposto a Ricciardi criticandolo duramente. A cominciare da Giorgia Meloni che ha parlato di “precisa strategia” della maggioranza e Giorgetti (Lega) che ha intimato veemente di “non toccare i morti” ricevendo l’approvazione del Ministro Speranza (LeU). Domani Milano 2030 e altre associazioni di sinistra faranno un flash mob con mascherine e fiocchi neri in segno di lutto sempre contro la sanità lombarda. E allora il Centrodestra faccia qualcosa contro la sanità emiliana rigorosamente pubblica e oscurata dalla tacita complicità di sinistra. Ad esempio, nelle RSA emiliane gli anziani venivano abbandonati da Bonacini e la strage successiva è nei numeri. Un Osservatore socio-sanitario, Stefano, descrive a Il Giornale “Ci aggiravamo per i corridoi della struttura senza che nessuno ci avesse dato istruzioni da seguire, senza che il sistema sanitario regionale ci avesse muniti di dispositivi di protezione individuale, in modo da preservare la saluta nostra e soprattutto degli anziani”, continua Stefano. Alla fine della prima settimana di marzo la casa di cura dove lavora Stefano ha deciso di chiudere la porte ai parenti degli anziani, così costretti ad affrontare la solitudine, il dramma della distanza. Sì, perché si sa, quando si invecchia si torna un po’ bambini e loro hanno un costante bisogno di affetto, conforto, vicinanza. Eppure il Coronavirus ha messo barriere fisiche, l’unica arma con la quale il mondo ha combattuto per mesi la pandemia. Chiudere le porte era necessario, ma non è bastato. Perché a mettere a rischio gli anziani della Rsa dell’Emilia Romagna è stato proprio il sistema sanitario pubblico. “Dopo che la struttura aveva sbarrato le porte agli esterni arrivò un paziente, mandato da noi dall’ospedale. Questa persona aveva dei sintomi riconducibili a quelli del Coronavirus ed era risultata negativa ad un solo tampone. E’ stata accolta nella struttura i primi giorni di aprile”, ci racconta Stefano. Dal 4 aprile è scoppiato tutto. Dopo pochi giorni l’ospite è risultato positivo al Coronavirus e con ogni probabilità il paziente zero da cui è partita la strage.
33 operatori infettati su un totale di 50 dipendenti e 31 decessi tra gli 85 pazienti. Oltre il 30% degli ospiti è morto per il Covid19. “Non abbiamo mai visto degli operatori dell’azienda sanitaria locale fino a quando non è scoppiato il dramma vero e proprio”, ammette Stefano. I tamponi non sono mai stati fatti, in un luogo in cui vi era la maggior parte delle persone anziane, considerate fin dalle prime osservazioni sul comportamento del virus, l’anello debole della catena. “A noi operatori hanno fatto il test sierologico, che è si è rivelato inutile perché siamo risultati tutti negativi, ma una settimana dopo ci ammalavamo uno dopo l’altro”, spiega l’Oss.
La grande iniziativa dell’Emilia Romagna che per prima in Italia ha sperimentato i nuovi test sembra essersi rivelato un flop, che la Regione continua a nascondere: “Faremo mezzo milione di test sierologici in poche settimane” ha annunciato con orgoglio Bonaccini qualche giorno fa. I tamponi per gli operatori sanitari invece, non sono mai stati fatti. La situazione continuava a peggiorare e un tampone negativo non si vedeva più da giorni quando anche Stefano ha dovuto lasciare la struttura perché risultato positivo al Covid. Nella struttura il personale era ridotto all’osso e la situazione era diventata ingestibile. “Dovevamo farli mangiare alla velocità della luce, non riuscivamo più ad imboccarli, eravamo troppo pochi. Li dovevamo tenere tutti a letto, tutto il giorno.” Quando la casa di cura si è vista mancare anche l’assistenza base ecco che l’Asl è intervenuta. “Ci hanno mandato degli infermieri che avevano esperienza in reparti Covid, anche in termini di organizzazione” Questa la testimonianza.