Li abbiamo visti, ma soprattutto ascoltati i nostri amici virologi in epoca Covid-19. Mai un virologo aveva avuto nella storia non dico della televisione, ma proprio della medicina, una esposizione mediatica cosi incredibile come in epoca Covid. Anzi, di questo specialista, in pochi davvero avevano sentito parlare. Virologo… chi sarà mai costui? E allora facciamo chiarezza su questa oscura figura che è assurta agli onori della cronaca in uno spazio temporale brevissimo dopo essere stato confinato da sempre nelle più estreme periferie di quella immensa metropoli che è la Medicina. Intanto, facciamo chiarezza: c’è stata molta confusione di ruoli tra Virologi, Epidemiologi ed Infettivologi. Hanno tutti parlato moltissimo, ma si occupano tutti e tre di cose molto differenti. Il virologo studia le caratteristiche molecolari e biologiche del virus; rispettosamente parlando, un topo di laboratorio. L’epidemiologo studia la distribuzione e la frequenza di eventi (come il Covid-19 ad esempio) nella popolazione: uno statistico essenzialmente. L’infettivologo cura ed esegue i trattamenti delle malattie infettive, tra cui quelle virali, appunto. Chiariamolo: sono tutti e tre laureati in Medicina ma è del tutto evidente che mentre le prime due specialistiche i malati proprio non li vedono, il terzo li vede eccome tutti i giorni e più degli altri si presta nell’interpretazione della figura di medico così come tutti lo immaginiamo.
Potremmo addirittura aggiungere un ulteriore specialistica di cui si è parlato di questi tempi, che è l’Immunologia, che si concentra sul funzionamento e sulla anatomia del sistema immunitario e sulle reazioni dello stesso di fronte a malattie che possano colpirlo. Fatte queste dovute premesse, a noi ora interessa oggi solo una di queste specialità, ovvero il Virologo. E capire chi di loro ha detto meno sciocchezze. E già, perché dalle bocche di codesti professionisti è uscito tutto ed il contrario di tutto. Al punto che, dovendo dare un voto ad ognuno di loro, come a scuola, avrebbe preso un bel 10 solo chi sin dall’inizio della pandemia si fosse taciuto. O avesse detto: “Signori, il virologo è un medico che ha bisogno di tempo, tanto tempo. Deve capire, passare ore, settimane, mesi e anche anni al microscopio per studiare un unico virus; aspettare per verificare ci siano state mutazioni, se sia indebolito o rafforzato. Capisco che voi abbiate bisogno di risposte subito… ma semplicemente non è possibile; e soprattutto non è serio”. Insomma, tutto il contrario di ciò che è accaduto in questi ultimi mesi.
Immagino il Virologo che, tra il silenzio del suo laboratorio e la grancassa delle televisioni che ne richiedevano la presenza giornaliera, di fronte al più grande tsunami della storia contemporanea, ha scelto la seconda, la visibilità, se non altro per rappresentare un ruolo da sempre marginale nella medicina e finalmente rivendicarne l’importanza. Ma nessuno è rimasto in un dignitoso silenzio, cosa che, a guardarlo a posteriori, sarebbe stata l’unica cosa giusta da fare. Hanno invece parlato tutti, eccome se hanno parlato. Ed allora diamoli questi voti. Solo una precisazione; non ci sono insufficienze. Sono un medico, ed il mio giudizio di base parte dal presupposto che i colleghi abbiano agito in totale buona fede; e di immaginare, nell’attimo in cui hanno detto cose poi contraddette dal tempo, che stessero solo cercando di fare il loro dovere di divulgare ciò di cui in scienza e coscienza erano certi; o quasi. Si sbaglia, tutti sbagliamo. Poi si riconosce l’errore però.
Andrea Crisanti, Direttore di Microbiologia e Virologia all’Università di Padova: VOTO 9
È il grande vincitore del torneo. Coerenza, rigore, e soprattutto coraggio; per lui parlano i fatti, andando contro ogni linea guida OMS o ISS ha fatto del Veneto un modello.
Guido Silvestri, Emory University Atlanta: VOTO 8
È sempre stato critico sui modelli matematici che proponevano scenari terribili sull’evoluzione dell’epidemia. E aveva ragione (151mila malati VS 286 previsti per l’8 Giugno…). Approccio scientifico sempre molto serio, si basa sui dati e non sulle congetture.
Massimo Clementi, Università Vita Salute S.Raffaele Milano: VOTO 7
È un fiero assertore dell’indebolimento del virus, in quanto mutato. Sembra una ovvietà, ma anche le ovvietà su argomenti tipo il Covid non sono da buttare via.
Prima, quando tutto era infinitamente più nebuloso, preferisce non esporsi troppo; e fa bene.
Fabrizio Pregliasco, Università degli studi Milano: VOTO 6,5
Anche lui resta prudente nella fase uno della pandemia; in fase due mantiene un profilo ultra-cautelativo e si becca per questo pure insulti e minacce di morte. Un colpo al cerchio (“il virus si è indebolito”) e uno alla botte (“dobbiamo restare cauti perché è un attimo che ricominci”). Insomma, vale un po’ tutto. Ma di questi tempi vale anche una piena sufficienza.
Ilaria Capua, Emerging Pathogens University of Florida: VOTO 6
Era partita benissimo, e sembrava quella più autorevole di tutti.
Eloquio comprensibile ai più, in realtà anche per lei vale il discorso delle ovvietà (questo virus lo conosciamo poco distanziamento fisico fondamentale e gli anziani rischiano di più dei ragazzini..) Diciamo che nel giudizio definitivo si potrebbe dire… sufficiente ma si può fare di più.
Chiude male la partita però, quando pochi giorni fa si definisce “Non più una virologa… non ho più un laboratorio dal 2012″. E quindi?
Roberto Burioni, Università Vita Salute S.Raffaele Milano: SENZA VOTO
Burioni merita un capitolo a parte, perché di lui parlano gli estremismi che lo hanno accompagnato in questa vicenda Covid. Prima del Covid, infatti, Burioni era uno stimatissimo ed impegnato professionista in prima linea ad esempio su argomenti delicati come il vaccino, di cui è fiero difensore, o sugli anticorpi monoclonali, con una costante e molto seria divulgazione scientifica attraverso Medicalfacts, di cui è Direttore scientifico. All’inizio del Covid, come è noto, esordisce con un terrificante “rischio zero” in Italia, con associate altre stupidaggini come l’inutilità delle mascherine.
L’esposizione mediatica non lo aiuta, perché se accresce la popolarità, lo sanno tutti, accrescono anche gli haters. Che non lo perdonano e lo fanno a pezzi sui social, anche per antipatici teorici conflitti di interesse. Creando quindi un antipatico dualismo tra i Burioniani e Antiburioniani, ovvero quelli che in ogni caso riconoscono la grande e meritata autorità scientifica del Professore, e quelli invece che lo inquadrano come una sorta di arrogante raccomandato pallone gonfiato. No, Burioni è persona seria; che sa di aver commesso diversi errori, ed alcuni li ha anche riconosciuti. Caduto nel tranello di un nemmeno troppo malcelato narcisismo. E la popolarità può far brutti scherzi. Ha da poco annunciato un suo ritiro dalle scene e un silenzio stampa sino all’autunno. Evidentemente ha capito anche lui che una pausa è quello che ci vuole.
Fabrizio Lucherini (blog Nicola Porrro)
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