Il puzzle di Milano fa emergere e sottolinea il puzzle di una visione gestionale contradittoria spesso carente di interventi, miope e insufficiente. Non è tornata come prima oggi che ci si arrampica sulla normalità a cui nessuno sa dare un contenuto. E guardando alcune “tessere” c’è insistente una sorta di decadenza che risveglia vecchie ferite, aggiunge nuova incuria, declina tristezza. Non è solo colpa del Covid se nel quadrilatero della stazione Centrale, in via Vittor Pisani, gli alberi sono moribondi, senza volontà. Rinsecchiti come gli alberelli decorativi nelle piazze riqualificate, secondo Sala, da due panchine e tanti colori vivaci pennellati sull’asfalto. Le erbacce vincono spazi sempre più ampi, la sporcizia e il disordine rivelano sciatteria.
Un’anarchia che alimenta il crepuscolo della dignità di tanti clochard, ammassati nel sottopasso, fantocci colorati di cartone e di stracci, praticamente inesistenti nella visione della rinascita. Là, era stata promessa da Sala e Maran, un’accoglienza di aiuole vezzose, un sorriso promettente per chi arriva. Ma i bivacchi senza rispetto delle regole hanno trovato il loro humus, lo spaccio e la violenza trionfano, il degrado umano si mescola al degrado ambientale. Gli alberi preferiscono, forse, morire.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano