Beppe Sala “Dimostrate di saper governare o sarà un autunno di licenziamenti”.

Milano

Un’intervista, quasi una previsione, l’ammissione di errori di valutazione, l’insoddisfazione per un tran tran governativo inconcludente. E’ Sala che parla all’Huffington Post  e meraviglia la costatazione dell’azione amorfa dell”amico Conte. E alla domanda se c’è nel governo la percezione di essere seduto su una bomba sociale, risponde Sì, c’è seduto il Governo e più in generale il Paese. Io sono molto preoccupato. In questo momento tutti i nodi sociali stanno venendo al pettine e noi stiamo rimandando il problema, ma arriveranno al dunque: il 17 agosto finisce il divieto di licenziare, la Cassa integrazione finisce, insomma a un certo punto ci sarà un limite. Io parlo con gli imprenditori, è facile intuire che stanno preparando dei piani di licenziamento significativi per l’autunno…solo Dio lo sa. Sa perché ho detto “basta con lo smartworking”? Perché se tu imprenditore hai a casa tutta questa gente, ti chiedi: “Siamo sicuri che proprio non posso rinunciare a qualcuno in una situazione di calo dei profitti?”. È inevitabile. Vede, a me non convince l’idea di ridurre l’Iva. Non è che se tagli l’Iva di 4 punti corro a comprare una macchina o una camicia, l’idea che i consumi possano essere la panacea di tutti i mali è discutibile. Le ripeto, sono preoccupatissimo….Si, alcune questioni stanno lì da anni come Alitalia, sin dai tempi dei capitani coraggiosi. Altre sono più complesse come l’Ilva, su altre c’è un colpevole ritardo. Mi auguro che il Governo stia coltivando una idea di ricostruzione del paese che, al momento, non c’è o non è riuscito a esprimere. E questo è davvero un paradosso….Il paradosso è che da un lato la politica non sembra essere in grado di essere centrale proprio nel momento in cui stanno per arrivare un sacco di soldi per la ricostruzione. Sarà finanziato lo Stato, non le imprese, e dunque è necessario che lo Stato, la politica, abbiano idee chiare, progetti, capacità realizzativa. Io credo molto all’idea del “Big State”, dello Stato centrale nei processi industriali.” Praticamente dichiarazioni che dall’opposizione potrebbero essere condivise, per la visione di un’incapacità di programmare, di realisticamente dare ordine al fare, di intuire le necessità dell’oggi. Ma a Milano che fa Sala aspettando l’imput governativo? Sembra crogiolarsi nelle sue novità ecologiche spendendo fondi in piste ciclabili discutibilissime, il commercio è moribondo, le periferie piangono un degrado mai visto, i negozi sono quasi vuoti, i ristoratori devono seguire regole impossibili, la Caritas fa miracoli per i nuovi poveri, i clochard vivono e muoiono nell’indifferenza. Anche a Milano c’è una bomba sociale che manifesta senza risposte e non basta che ammetta “Anche io, nella fase iniziale di fronte a un’ondata popolare, ho rilanciato “Milano non si ferma”. Non mi giustifico, ma fa parte della nostra natura. Sì, ho sbagliato, dovevo non farmi trascinare. Ma non era il Pil, erano gli umori della gente che ha il “non fermarsi” proprio nell’indole.” E ora?

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