Cassa integrazione, divieto di licenziare, prestiti, sussidi: il governo, scrive Federico Fubini nel suo editoriale sul Corriere, «ha steso un’enorme rete di protezione sotto decine di milioni di famiglie e sotto milioni di imprese». Ma quella rete di sicurezza, continua, «non può restare lì troppo a lungo così com’è, perché costerebbe centinaia di miliardi (che non ci sono) e farebbe degli italiani un popolo di assistiti da uno Stato-mamma. Una crisi finanziaria e l’appassire dello spirito di iniziativa e responsabilità personale sarebbero dietro l’angolo».
ITALIA FANALINO DI CODA NELL’EUROZONA
Quello che descrive Fubini è già realtà nei numeri: mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, annuncia un nuovo scostamento di bilancio entro luglio da 10 o 20 miliardi, le ultime stime del Fondo monetario internazionale stendono una nube fosca sul futuro del paese: l’Italia sarebbe il peggior paese dell’eurozona nel 2020, passando da una contrazione del Pil prevista mesi fa del 9,1% a una del 12,8%. Il rapporto tra debito e Pil invece salirà al 166,1%. Numeri preoccupanti visto che Commissione europea e Istat prevedevano invece un calo del Pil nel 2020 rispettivamente del 9,5 e 8,3%.
IL REDDITO DI CITTADINANZA È UN FLOP
L’assistenzialismo non solo disastra le finanze pubbliche, ma non funziona neanche. Ieri la Corte dei Conti ha confermato che il reddito di cittadinanza, misura bandiera dei grillini, è un drammatico flop: a fronte di 3,8 miliardi di euro stanziati, per un totale di circa un milione di domande accolte su 2,4 milioni di richieste, solo il 2 per cento di chi ha ottenuto il sussidio ha effettivamente trovato un lavoro, poco più di ventimila persone. Meno dunque dei 39.760 annunciati qualche mese fa dall’Anpal.
Proprio come scrive il Corriere, «l’assistenzialismo a tappeto, alla lunga, è un veleno inodore. All’inizio va giù come l’acqua, poi però mina la finanza pubblica e la capacità di fare delle persone». Mentre il premier Giuseppe Conte annuncia, rinnega e ri-annuncia un taglio dell’Iva, sarebbe piuttosto «tempo di muovere piccoli passi per tornare a un po’ di normale economia (sociale) di mercato, prima di disabituarci del tutto a camminare. Ma qualcuno, a Roma, ci pensa?».
(Tempi)
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