Paolo Pillitteri “Parliamo della casta, quella vera”

Attualità

L’ultimissimo capitolo della storia d’Italia scritta dai Pm non riguarda soltanto la figura di Silvio Berlusconi, ma il contesto in cui sono piombate le notizie della sentenzia civile che ha sconfessato quella penale e le confessioni del giudice “pentito” Amedeo Franco.

È la crisi profonda della magistratura, la sua crisi di credibilità fra chat, incontri, intrallazzi e lottizzazioni di Palazzo (non della politica, ma della Giustizia) rivelati dal trojan di Luca Palamara che hanno illuminato con un potente faro la scena sulla quale il vero interprete e regista è pur sempre la Casta; e non quella dei partiti, ma dei giudici. Un faro che a molti di noi non ha svelato nulla di nuovo ma che molti, troppi indifferenti (se non complici nei media), ha costretto a comprendere il significato di una sentenza emessa e praticata non de iure, ma da un autentico plotone di esecuzione. E appropriatamente si parla di golpeIn realtà questo speciale plotone è in azione da molti anni, ma la sua potenza di fuoco trae forza e continuità dalla stagione del manipulitismo, quando fu in grado di annientare un’intera classe politica assumendo un potere col quale, successivamente, ha dominato la politica italiana colpendone, con una strategia senza opposizioni ma con gli incoraggiamenti dei postcomunisti e il plauso dei manettari populisti, il rappresentante voluto dal consenso democratico del popolo italiano.

Il fatto è che per combattere Berlusconi lo si è voluto ingabbiare nella classifica del populismo (l’odiato berlusconismo!) inferendo mortali colpi alla politica stessa, ai partiti, alle sovranità parlamentari accomunati tutti nel giudizio apodittico della Casta, fonte di ogni vizio e di ogni malefatta. Dunque da estirpare. Dunque con la messa all’indice del garantismo, cioè delle garanzie di chiunque nei confronti di ogni abuso e di ogni ingiustizia. Una simile liquidazione non poteva non usufruire dell’arma dell’antipolitica per rendere i partiti superstiti sempre più deboli e genuflessi al nuovo potere che è diventato, senza porre limiti, senza riforme, senza interventi riequilibranti i diversi poteri, una vera e propria casta sull’onda, appunto, di un giustizialismo del quale si nutre e cresce il populismo. La Casta, quella vera, che si amministra e giudica da sola, è questa.

Quando si parla di ripresa del Paese dopo il dramma del lockdown, quando si ipotizza una volontà comune (a sentire Giuseppe Conte) per ridare fiato all’Italia, quando si annunciano misure e progetti, e quando, soprattutto, si propone una modernizzazione dell’Italia nel contesto di un’Europa che ha già preso lo slancio, una premessa è indispensabile. Nessuna ripartenza degna di questo nome può verificarsi senza la presa d’atto che la malapianta del giustizialismo che, con lo slogan del “vaffa”, ha fruttato ministeri e potere ai suoi praticanti, è il vero ostacolo non solo per l’esigenza di un non più rinviabile equilibrio interno, ma di un riavvio di un Sistema Italia, non solo economico. Altrimenti la Casta, oggi in crisi, continuerà a fare e, soprattutto, a disfare.

Paolo Pillitteri (L’Opinione)

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