Prorogare stato d’emergenza va bene, ma Conte esagera, venga in Parlamento

Attualità

Nella giornata di oggi il presidente del Consiglio ha dichiarato che l’esecutivo si muove nella direzione di una proroga dello stato di emergenza. Non si fa fatica a capirne le ragioni. Basti pensare alle prime due che sono presenti a tutti. L’apertura dell’anno scolastico a metà settembre e le elezioni il 20 e 21 dello stesso mese si svolgeranno con modalità comunque alquanto originali perché appunto segnate, sia pure in forma parziale, dall’emergenza. Il contesto invita alla prudenza perché nel mondo la pandemia è in una fase ancora fortissima e focolai significativi, anche a causa degli spostamenti, vi sono anche da noi e altri vi potranno essere in futuro. Evitiamo quindi una cultura del sospetto contro il Governo. Tuttavia è bene dire sin d’ora che non ci possono essere automatismi a ritroso, riesumando normative prima adottate e poi gradualmente dismesse a favore di una sana riespansione dei diritti e soprattutto non si può andare a passo del gambero sul ruolo del Parlamento. Dopo la stretta emergenza del decreto-legge 6 siamo passati al 19, quello per fortuna ampiamente emendato in Parlamento e poi al 33 che stiamo convertendo definitivamente con altre modifiche significative. Siamo così tornati, per quanto possibile a un sostanziale ritorno ad una fisiologia di sistema sia sul piano dei diritti (a cominciare dalla libertà di mobilità interregionale derogabile solo su specifiche aree) sia su quello dei poteri (marginalità dei dpcm ed esame non affrettato dei decreti-legge).

Peraltro la Corte costituzionale, nella sua ultima relazione annuale, ha indicato i parametri che le misure adottate nell’emergenza devono avere per superare il test di costituzionalità: “necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità”.  Prorogare lo stato di emergenza non significa regredire dal 33 al 19 al 6: su questo si deve essere chiari. Al di là della discussione sulla necessità di una legge e/o sul ruolo delle ordinanze di protezione civile, la questione di fondo è la necessità di un’esposizione chiara ed esaustiva del presidente del Consiglio, anche col voto di indirizzi del Parlamento. Ci sono venti giorni di tempo per farlo in modo ordinato. Il Governo lo ha già accettato ieri in un ordine del giorno bipartisan promosso dai componenti del Comitato per la Legislazione. Magari alcuni contenuti potranno anche essere anticipati dal ministro Speranza nelle sue comunicazioni già previsto per altro motivo nella settimana entrante. Per inciso, ma sempre in tema: se si proroga lo stato di emergenza è evidente che prosegue, per quanto ridotta, una difficoltà sia relativa all’ambito economico sia a quello sanitario. In questo quadro affrontare con serietà, senza pregiudiziali infondate, i problemi dell’uso di strumenti come il Mes, la cui utilità, a parità di altri fattori, esce per l’appunto più che rafforzata da questa scelta.

Blog Stefano Ceccanti  Costituzionalista

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