Ridurre il cuneo fiscale per rilanciare i consumi duramente colpiti dalle conseguenze dell’emergenza Covid-19. Ma anche intervenire sull’Irpef e tagliare le aliquote Iva, richiesta, quest’ultima, che giunge, soprattutto da distribuzione carburanti e automotive, negozi non alimentari e ambulanti. E’ quanto emerge dal nuovo sondaggio di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza (realizzato nel mese di luglio), con le risposte di 865 imprese, per l’87% fino a 9 addetti. Hanno in particolare risposto all’indagine – i cui dati sono stati elaborati dall’Ufficio Studi – gli imprenditori della ristorazione (24%) e del dettaglio non alimentare (23%). A imprese e professionisti è stato chiesto di valutare quali interventi su fisco e costo del lavoro potessero risultare più efficaci per rilanciare consumi paralizzati dall’effetto della pandemia: dalla riduzione delle aliquote Irpef, al taglio del cuneo fiscale, dell’Iva, all’introduzione della flat tax (con aliquota non superiore al 24%, come l’Ires per le società di capitale). Tutte le opzioni hanno trovato buon riscontro nelle risposte al sondaggio con voti medi superiori al 7 (7,2 riduzione delle aliquote Irpef; 7,9 riduzione del cuneo fiscale per migliorare la capacità di spesa dei lavoratori; 7,7 riduzione del cuneo fiscale per accrescere redditività e produttività delle imprese; 7,2 riduzione delle aliquote Iva; 7,3 flat tax). La riduzione del cuneo fiscale è la misura giudicata più efficace dal 50% degli operatori, il 28% la riduzione dell’Irpef, il 22% la riduzione delle aliquote Iva.
Più soldi da spendere con il taglio del costo del lavoro – il carico fiscale e contributivo pesa per il 47% – lo auspicano in particolare ristorazione (64,7%); trasporti e logistica (62,5%); dettaglio alimentare (59,1%); ingrosso non alimentare (57,6%); servizi alla persona (53,7%). Ma l’86% di chi ha risposto all’indagine ritiene soprattutto che non sia sufficiente una sola misura per rilanciare la domanda, bensì che occorra un mix fra riduzione del cuneo fiscale, dell’Iva e taglio dell’Irpef (52%) o almeno due di questi provvedimenti (34%). L’intervento per ridurre le aliquote Iva è, come prima anticipato, particolarmente richiesto da alcune categorie: distribuzione carburanti (58,3%) e comparto dell’automotive (40%); negozi non alimentari (35,8%); ambulanti (31,7%). Ridurre l’Iva, è considerato più efficace dove la domanda – distribuzione moda, autoveicoli – è sensibile alla variazione del prezzo. L’intervento sull’Irpef è in particolare auspicato da ingrosso alimentare (46,7%); servizi alle imprese (43,4%); turismo (agenzie viaggio, tour operator, guide 42,1%). Distributori carburanti (voto 8,6), ingrosso alimentare (8,4), dettaglio alimentare (7,9) e agenti e rappresentanti di commercio (voto 7,8) sono invece le categorie meglio disposte all’eventuale introduzione di un regime di flat tax. “L’effetto Covid, pur attenuato, penalizza ancora l’economia – dichiara Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza Brianza – Per le nostre imprese è vitale rilanciare i consumi attraverso soprattutto la riduzione del costo del lavoro, cioè del cuneo fiscale, e dell’Iva. Senza questi tagli, che danno ossigeno alla capacità di spesa delle famiglie, la prospettiva di una crisi dell’occupazione diventa quasi inevitabile”.
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