Dall’Urbanista Beltrami Gadola “Ma che dovremmo rimpiangere di Sala? Il “Modello Milano”?

Milano

Da un Urbanista di sinistra, ma con visioni chiare, criticamente obiettive, sottolinea i “vuoti” di questa amministrazione. Con domande pertinenti e di attenzione per la città. Le dichiarazioni fanno parte di un suo articolo su “Arcipelago” “Le aree tematiche sono i giovani, gli stranieri, la solidarietà. Da qui al prossimo giugno – le future elezioni comunali – sarà il tempo che Sala ha a disposizione per mostrare che dalle parole si è passati ai fatti….. Ma a giugno Beppe Sala ci sarà? Dice che scioglierà il nodo in funzione del risultato delle prossime regionali. Questo non lo capisco. Le prossime regionali potranno forse far cambiare gli equilibri di governo, potrà esserci un Governo amico o un Governo ostile. Se il Governo sarà amico che problema c’è? Se sarà nemico, si abbandona il campo? Non sarebbe decoroso. C’è il timore di un insuccesso elettorale? Chi fa politica non dovrebbe sottrarsi al giudizio degli elettori. Se invece lo scenario nazionale è visto in funzione di una propria carriera politica o manageriale, allora le cose sono molto diverse: ognuno se la vede con la propria coscienza e col suo senso di appartenenza. I milanesi lo sapranno giudicare.

Ci sono due parole nell’intervista a Sala di Repubblica  che meritano un commento: il rimpianto e il coraggio, quello delle decisioni. Ce n’è una terza: i giovani e la lascerò per ultimo. Che cosa dovremmo rimpiangere? Chi dovrebbe rimpiangere? Dovremmo rimpiangere il Modello Milano? La città che nella sua crescita ha lasciato indietro gli ultimi? Quella che non ha ridotto le disuguaglianze? Che ha dimenticato le periferie malgrado le tante dichiarazioni del genere “Le periferie al centro” facendo interventi di pura facciata? Che all’arrivo del Covid per prima cosa si è occupati delle piste ciclabili? Che ha eletto a mantra dell’urbanistica cittadina la cosiddetta Urbanistica tattica ridotta a pittare le piazze? Che ha perso una delle buone occasioni, quella della risistemazione di Piazza Sant’Agostino, per farne un piccolo parco urbano invece di colare asfalto, alla faccia della permeabilità del suolo? Sul chi dovrebbe “rimpiangere” non ho dubbi: gli operatori immobiliari che sono diventati i veri decisori dell’urbanistica milanese. Lo saranno ancora? Mano libera a chi manomette pesantemente la città intervenendo sull’architettura storica dell’esistente?

Quanto al coraggio, quello sì ci deve essere! Il coraggio di chiudere la vicenda Stadio senza andare contro la volontà dei residenti che, se vogliamo adottare la strategia dei Borghi di cui parla Stefano Boeri, sono un borgo, un borgo che vuole più verde e meno edificato. Il coraggio di riprendere in mano il Piano di Governo del Territorio, di rivedere tutto il problema degli Scali per restituire alla città il maltolto, il coraggio di una vera politica del verde e dell’ambiente. L’elenco degli atti di coraggio che i cittadini si aspettano è molto più lungo, c’è solo il problema della scelta. (il coraggio dimostrato, aggiungo io, è la rivoluzione della mobilità, il continuo rincorrere sogni, dimenticare le tante storture e contraddizioni nella società che deve coesistere con larghe sacche di illegalità) Veniamo ai giovani. Sembra che il loro problema sia la casa. Lo è certamente ma non il solo e apparentemente il più facile da risolvere se è vero che il mercato dell’affitto calerà in mancanza di turismo e qualche opportunità arriva e potrà arrivare da iniziative specifiche. Già che ci sono vorrei ricordare che il problema casa non riguarda solo i giovani ma di questo non si parla. Il vero problema è capire i giovani e il loro rapporto con la città ma soprattutto creare occasioni di lavoro stabile e contrastare la diffusione dei cosiddetti “lavoretti”, la gig economy, la vera prateria del lavoro sottopagato. Il Comune non ha strumenti specifici a difesa del lavoro giovanile e questo problema va risolto a livello legislativo ma il Comune deve proprio aprire il confronto politico perché la gig economy è un problema specificamente urbano. Il tema del lavoro non può ignorare uno degli aspetti più sorprendenti dell’effetto Covid: l’esplosione del lavoro da remoto. Non posso aggiungere nulla a quello che si è già detto e scritto e sulla rivoluzione probabile del mondo del lavoro ma anche dei problemi di viabilità, di trasporto urbano e nel mercato immobiliare. L’amministratore delegato di Leonardo, Profumo, ha ipotizzato che il 30% dei dipendenti di concetto delle aziende e forse anche degli studi professionali continuerà a lavorare da remoto. È detto tutto…. Quanto tempo dovrà passare perché il “lascito” del Covid sarà diventato stabile e si saranno consolidati i suoi effetti sociali, economici e di comportamenti personali? Quando arriverà il tempo delle decisioni senza esitazioni? Io non ho alcuna idea al riguardo, ho solo l’impressione che saranno tempi lunghi a quanto ci dicono i virologi, lunghi in Italia e forse lunghissimi nel resto del mondo e con riflessi anche da noi.

Luca Beltrami Gadola Già Docente di Urbanistica al Politecnico 

1 thought on “Dall’Urbanista Beltrami Gadola “Ma che dovremmo rimpiangere di Sala? Il “Modello Milano”?

  1. Si si, altro che urbanistica tattica pittata per terra, con gli indigeni locali che restano sempre gli stessi di prima. L’urbanistica etnologica dovrebbero fare i nostri cari radical chic di ‘sto caz.

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