«Forza Hong Kong». Con questo cartello ieri l’attivista dell’ex città autonoma costretto all’esilio, Nathan Law, ha protestato davanti alla Farnesina
«Ho chiesto di poter incontrare il ministro italiano Luigi Di Maio, ma non mi ha neanche risposto». È sconsolato parlando con tempi.it Nathan Law, l’attivista di Hong Kong costretto all’esilio dal regime comunista cinese, il quale sta utilizzando la nuova legge sulla sicurezza nazionale per perseguitare chiunque si batta per l’autonomia della città. Il giovane attivista, intervistato da Tempi anche sull’ultimo numero di agosto, è arrivato ieri in Italia per protestare davanti alla Farnesina contro la Cina, in occasione dell’incontro tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il suo omologo cinese WangYi. Il nostro è il primo paese che Wang ha deciso di visitare dopo l’esplosione della pandemia: nei prossimi giorni si recherà in Olanda, Francia, Germania e Norvegia.
DI MAIO SCEGLIE DI NON DIFENDERE HONG KONG
«Sono venuto in Italia per far capire al governo italiano che deve sostenere Hong Kong e la battaglia per i diritti umani in Cina», spiega Law. «L’incontro del ministro Di Maio con Wang è stato annunciato solo venerdì e non è stato rilasciato nulla sul contenuto dei colloqui».
Durante la conferenza stampa al termine dell’incontro, il ministro cinese ha esaltato la cooperazione tra i due paesi durante la pandemia e sottolineato come «lo sviluppo bilaterale dei rapporti», soprattutto nell’ambito della Nuova via della seta, sia fondamentale per ottenere un «mutuo beneficio». Wang ha anche affermato che con Di Maio «abbiamo condiviso la necessità della “non interferenza”» a riguardo della nuova legge sulla sicurezza nazionale che azzera le libertà civili nella città. «La legge serve per lo sviluppo sano e stabile di Hong Kong», ha aggiunto il ministro cinese, con il ministro grillino che si è guardato bene da fare qualsiasi appunto.
I PRIMI RISULTATI DELLA NUOVA LEGGE
In neanche due mesi di applicazione della legge, che viola il trattato internazionale firmato da Cina e Regno Unito sull’ampio grado di autonomia che Pechino dovrebbe garantire alla città fino al 2047, a Hong Kong sono state proibite proteste pacifiche, ritirati dalle biblioteche i libri che invocano democrazia per la città, eliminati dai curriculum scolastici personaggi storici come Gandhi e Martin Luther King; è stato proibito agli studenti di parlare di politica e di cantare l’inno delle oceaniche proteste del 2019 Gloria a Hong Kong; professori universitari coinvolti nel movimento democratico sono stati licenziati dalle rispettive università e perfino fare opposizione in Parlamento è stato additato come «esempio di sovversione». Quattro studenti tra i 16 e i 21 anni sono stati arrestati e rischiano l’ergastolo «per le opinioni espresse sui social», mentre 12 importanti leader democratici sono stati squalificati dalla corsa per le elezioni di settembre e altri 20 personaggi potrebbero essere messi al bando prima del voto.
Su tutto questo il ministro Di Maio, almeno in conferenza stampa, non si è espresso ed è per questo che Nathan Law è preoccupato: «La lotta contro il regime autoritario cinese non appartiene a un solo paese», ha dichiarato a tempi.it. «È necessario invitare Pechino a rispondere per le sue responsabilità nella diffusione della pandemia di Covid 19, per la repressione dei musulmani uiguri nei campi di concentramento dello Xinjiang, per l’oppressione della popolazione di Hong Kong e per il genocidio culturale del Tibet».
«LA DEMOCRAZIA ITALIANA È IN PERICOLO»
Problemi che solo in apparenza non riguardano l’Italia: «Se la Cina non viene fermata e il governo italiano si esime per convenienza dal criticarla, presto anche la democrazia in Italia sarà danneggiata e in pericolo».
L’attivista di Hong Kong non è a conoscenza dello stretto e inusuale rapporto tra il Movimento cinque stelle e il Partito comunista cinese, ma afferma che «non riesco proprio a capire perché il governo non segue il Parlamento nel criticare quello che la Cina sta facendo alla popolazione di Hong Kong».
«DI MAIO NON MI HA VOLUTO INCONTRARE»
Ovviamente di mezzo ci sono gli affari: l’Italia esporta in Cina quasi 13 miliardi di merci, anche se ne importa oltre 31 miliardi. Non a caso Di Maio ha affermato che è necessario riequilibrare la bilancia commerciale con Pechino, magari attraverso nuovi accordi nell’alveo della Nuova via della seta. Accordi dai quali Law mette in guardia: «Le aziende in Cina non sono indipendenti, sono legate mani e piedi al Partito comunista, e il regime le usa per infiltrare le democrazie occidentali. Il “mutuo beneficio” è una favola: solo la Cina realizza davvero profitti, rubando la proprietà intellettuale delle aziende occidentali e mettendo a rischio la sicurezza dei paesi».
Di tutte queste cose Law, che nei mesi scorsi è stato a colloquio con le massime autorità del Regno Unito (che l’ha accolto) e degli Stati Uniti, voleva parlare con il ministro Di Maio ma la richiesta ufficiale di un incontro, inoltrata con l’aiuto del senatore Lucio Malan che l’ha invitato in Italia, è andata a vuoto: «Non mi ha neanche risposto». Una scelta di campo ben precisa.
Leone Grotti (Tempi)
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