Sul futuro dei giovani Mario Draghi al meeting di Rimini per l’Amicizia tra i Popoli ha parlato in maniera lucida: “Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono i giovani di oggi … Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”. Su di essi infatti, quindi sul futuro del Paese, peserà un ulteriore debito di 300 miliardi di euro conseguenza della pandemia. Punctum dolens. Già oggi la disoccupazione giovanile che comprende chi non lavora e chi non studia è il principale dramma dell’Italia. Tradurre il dramma in cifre non è semplice. C’è chi prende a misura i dati forniti dall’Istat, chi quelli forniti da Eurostat, chi calcola la disoccupazione nella fascia tra i 15 e i 19 anni, chi tra i 15 e i 24 anni. Il tasso, a dicembre 2019, è del 28,9%, contro una media europea del 16,6%, che ci colloca al terz’ultimo posto in Europa prima di Grecia e Bulgaria. Altre analisi ci piazzano addirittura all’ultimo posto.
Anche se l’italica singolarità – lavoro in nero oppure aziende a conduzione familiare nelle quali i figli lavorano in maniera “informale” e vengono messi ‘in regola’ in un secondo tempo – può mitigare la crudezza delle statistiche ufficiali, resta il fatto che il dramma giovanile si rivela anche nel gap tra il nostro Paese e la media UE; oltre 3 punti per l’abbandono scolastico, addirittura 14 per la percentuale di laureati in meno; la fuga dei giovani più preparati (320mila emigrati tra il 2009 e il 2018). Che fare? Tra tanti suggerimenti, incentivare le imprese – con specifici contributi – ad assumere ‘in regola,’ sia attraverso decontribuzioni, sia introducendo forme di apprendistato con salario decente non tassato. Senza trascurare chi il lavoro ce l’ha già, migliorando la preparazione professionale del giovane con corsi di formazione a carico della spesa pubblica. Se per troppi anni la politica si è legata a doppio filo al consenso di breve periodo previsto dai sondaggi, oggi siamo all’ultimo appello: urge offrire alle generazioni più deboli istruzione, crescita professionale, lavoro. E non dar in cambio la movida perché i giovani, ubriachi di notte, non marcino di giorno reclamando il sacrosanto diritto al futuro.
Achille Colombo Clerici
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