Se la macchietta ripulita e rivestita di Di Maio esulta, si attribuisce il merito della vittoria del Sì al Referendum, ritorna la validità dell’antipolitica e di quel vaffan…che è diventato concavo e convesso pur di tenere saldo il potere. Di Maio rientra in scena, imbambola gli elettori, da morto risorge con una bandiera tutta da discutere, ma vince. E si frega le mani, nonostante la marginalità nelle regioni e si abbarbica a quel Zingaretti che sembrava in bilico, gli offre una trasfusione di sangue ottimista, gli conferma che il voltafaccia per opportunismo, premia. Conte, come collante di una compagnia divisa su tutto, può gongolare, sa che i due leader in cuor loro sono indissolubili, può dormire tra due guanciali.
Il perché anche buona parte del Centro destra abbia collaborato a questa vittoria che, per dichiarazione dello stesso Di Maio prelude ad una riforma elettorale proporzionale, rimane per me un interrogativo. Nazario Pagano di Forza Italia, uno dei promotori del Comitato del No, ricorda ad AdnKronos la difficoltà della campagna: “C’è soddisfazione rispetto ai blocchi di partenza quando la partita era data per persa ma c’è anche l’amaro in bocca perché se, come avevamo chiesto noi del comitato del No, si fosse votato ad ottobre sono convinto che avrebbe vinto il No”. “Abbiamo avuto solo due settimane per fare campagna elettorale, peraltro nella confusione della campagna delle regionali – ha detto il forzista – Eppure in solo due settimane c’è stata l’ascesa impressionante del No. Se avessimo avuto due settimane in più, avremmo vinto, ne sono profondamente convinto. Questo ci stimola a proporre nel più breve tempo possibile una vera riforma costituzionale che supero questa espressione della demagogia e dell’antipolitica”.
Parla anche il senatore del Pd Francesco Verducci, tra i sostenitori del No, che ad AdnKronos dice: “. Se il No sfiora il 40 per cento è un risultato importantissimo, oltre ogni aspettativa”. “Se si fosse votato solo per il referendum, con una reale par condicio informativa nelle TV ed una campagna che fosse durata di più, la partita sarebbe stata reale e aperta. I cittadini hanno capito l’importanza della posta in gioco: il rischio di perdere rappresentanza”. Riassume Il Giornale “La legge non è ancora operativa: serviranno 60 giorni prima della sua entrata in vigore. L’attuale parlamento resta pienamente legittimo e non cambia in alcun modo la sua conformazione. I collegi verranno ridisegnati in base alle modifiche. Camera e Senato cambieranno però la rappresentanza. Ora il rapporto è di un deputato ogni 96mila abitanti, mentre il taglio cambierebbe la proporzione di 1 su 151 mila. Il Senato ha una rappresentanza di un senatore ogni 188 mila abitanti, con il taglio uno ogni 302 mila.
Come scrive il Corriere della Sera, ci sono alcune regioni penalizzate da questa riforma. “Per alcune regioni, come Basilicata, Molise e Umbria, il taglio è di circa il 33%, per altre si arriva al 39; in Abruzzo c’è un deputato ogni 145 mila abitanti, in Liguria poco meno (uno ogni 157 mila)” spiega il sito del Corsera. Problemi di rappresentanza anche per il Veneto in Senato, che perde un terzo degli eletti, mentre la Basilicata addirittura il 57%.”
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano