Sono almeno 230 i giornalisti arrestati in Turchia dal 2016. 120 di loro sono stati già processati con condanne che vanno dai dieci anni all’ergastolo. A loro vanno sommati i tanti attivisti difensori dei diritti umani.
Il mese scorso ha destato grande emozione la morte dell’avvocata Ebru Timtik, deceduta dopo essere stata trasferita dalla detenzione in ospedale poco dopo il peggioramento delle sue condizioni di salute. Ebru, storica attivista curda, stava portando avanti da febbraio uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni della sua detenzione da parte delle autorità turche.
Le autorità di sicurezza turche avevano respinto tutti gli appelli lanciati dalle organizzazioni per i diritti umani per rispondere alle richieste di Ebru Timtik.
Con lei sono già quattro gli attivisti morti nelle carceri turche dall’inizio dell’anno.
Il ministro dell’Interno, Süleyman Soylu, ha definito una «terrorista» l’avvocata morta, denunciando l’ordine degli avvocati di Istanbul per averla commemorata.
«Condanno fermamente queste manifestazioni e denuncio coloro che appendono la fotografia di un membro di un’organizzazione terroristica sulla facciata dell’Ordine degli avvocati di Istanbul», in quanto contrari «ai valori della nazione». La foto di Timtik è stata subito rimossa dalla polizia. Anche il ministro della Giustizia Abdülhamit Gül ha attaccato gli avvocati di Istanbul, definendo «inaccettabile che l’associazione degli avvocati stia diventando il cortile di organizzazioni illegali e marginali”.
Il clima di repressione in Turchia si sta facendo sempre più grave. È di questi giorni, infatti, la notizia dell’ennesima rappresaglia nei confronti degli avvocati, con l’arresto di 55 legali accusati di terrorismo da parte della procura di Ankara. Molti ordini degli avvocati, tra cui quello di Ankara, Instanbul, e Smirne, hanno denunciato l’arbitrarietà degli arresti, seguiti a perquisizioni illegali e atti intimidatori.
L’Italia e l’Europa davanti a tale deriva autoritaria dovrebbero allora reagire con fermezza.
Un regime sanzionatorio nei confronti della Turchia, oltre ad essere giustificato, è al momento l’unica soluzione possibile per arginare la deriva illiberale del premier Erdogan e del suo governo.
Khaled Awamleh (giornalista giordano)
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